Il debito, per dirla con Mario Draghi, può essere buono o cattivo. Ma, di sicuro, non è cancellabile. Per la Bce, resta un tabù, un muro impossibile da abbattere. Sull'argomento la chiusura è netta, totale, nonostante durante la pandemia sia diventato vivace il dibattito sulla possibilità di dare una bella passata di gomma sui circa 2.800 miliardi di debiti contratti dalle banche centrali per mezzo del quantitative easing.
Sebbene Christine Lagarde sia una maestra della sfumature lessicali, sull'argomento la presidente dell'Eurotower va giù di accetta: «La cancellazione del debito - ha detto ieri - è illegale, punto. Non è inclusa nel Trattato Ue, su questo argomento va tolto qualsiasi dubbio, qualsiasi ambiguità: si tratta di una illusione contabile». Con incorporati un paio di effetti collaterali potenzialmente devastanti: il pericolo di una perdita di credibilità della banca centrale e il rischio di far crescere in modo significativo i costi di rifinanziamento.
Resta tuttavia da capire, una volta ripristinato il Patto di stabilità, cosa succederà a un Paese come l'Italia dove il rapporto debito-Pil dovrebbe sfiorare il 160% a fine anno, in base alle stime di Commissione Ue e Fondo monetario. Dal versante Bce non dovrebbero comunque arrivare brutte sorprese, posto che nei prossimi mesi verrà intensificato l'acquisto di titoli sovrani e non si esclude la possibilità di ricalibrare la dotazione del Pepp, la cui potenza di fuoco è attualmente di 850 miliardi. La Lagarde ha infatti ribadito che c'è «ancora molta incertezza», determinata dall'andamento della pandemia e dai ritardi nella campagna vaccinale. L'Eurotower, che ha già messo in conto una contrazione del Pil nel primo trimestre dopo il -0,7% dell'ultimo quarto del 2020, stima che a fine anno la ripresa sarà pari al 4%, seguita da un +4,1% nel 2022, per poi rallentare al 2,1% nel 2023. Non certo una recovery a «V». Per questo sarà necessario mantenere una politica monetaria accomodante, tenuto conto che la risalita dell'inflazione negli ultimi mesi è stata indotta «da alcuni fattori transitori» e a fine dicembre si collocherà all'1,5%. Anche nel prossimo biennio le previsioni dell'istituto di Francoforte indicano scarse tensioni sui prezzi (nel 2022 a 1,2% e nel 2023 a 1,4%). Livelli, ha detto la leader della Bce, «al di sotto del nostro obiettivo». La Bundesbank, che vuole un ritiro graduale degli stimoli, dovrà mordere il freno e pensare che sono altri i Paesi alle prese con l'inflazione.
Christine Lagarde ha infine detto di essere «decisamente a favore delle quote» per le donne nelle aziende dopo aver capito che in assenza di una tale misura, sarebbero necessari «140 anni» prima di raggiungere la parità.
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