Il sequestro cautelativo di 463 milioni di euro in conti, titoli e quote societarie da parte di un tribunale di San Pietroburgo nei confronti di Unicredit (oltre 200 milioni sono stati congelate a Deutsche Bank e Commerzbank) ha riaperto una vecchia questione in seno al sistema bancario europeo. La Bce, infatti, da molto tempo avrebbe esercitato qualcosa di più di una moral suasion verso tutte le banche dell'Eurozona che operano in Russia al fine di accelerarne i piani di ritiro. Il rischio, infatti, è quello di ricadere in pesanti sanzioni degli Usa, che per l'Europa sono una controparte molto più significativa di quanto possa esserlo Mosca.
È quanto ha ricordato ieri il Financial Times sottolineando che gli istituti di credito devono dunque fornire al regolatore un piano d'azione per le loro attività in Russia già a giugno. La settimana scorsa, l'austriaca Raiffeisen Bank International (Rbi) è stata costretta ad abbandonare un accordo per lo scambio di asset tra Russia ed Europa dopo le pressioni delle autorità statunitensi. L'intervento degli Usa ha fatto temere alla Bce che anche altri istituti di credito possano essere presi di mira da future misure restrittive. Le autorità di vigilanza intendono evitare che le banche europee debbano affrontare un destino simile a quello di Ablv, una banca lettone che nel 2018 è stata chiusa dopo che il Dipartimento del Tesoro l'ha accusata di «riciclaggio» e di violazioni delle sanzioni contro la Corea del Nord e le ha tagliato l'accesso al sistema finanziario statunitense.
La Bce ha invitato le banche dell'Eurozona a cercare un'uscita dalla Russia da quando Mosca ha lanciato la sua invasione su larga scala dell'Ucraina nel febbraio 2022. Il capo della vigilanza dell'Eurotower, Claudia Buch, nel corso dell'Eurogruppo di lunedì scorso a Bruxelles ha tuttavia invitato esplicitamente i ministri finanziari «ad accelerare il derisking, delineando una chiara road map per la riduzione delle attività e la successiva uscita dalla Russia».
A Raiffeisen, che ha la maggiore esposizione alla Russia tra gli istituti di credito europei, è stato detto di ridurre i prestiti nel Paese di due terzi rispetto al livello attuale entro il 2026. La banca, che in caso di mancato adeguamento rischia potenziali multe da parte della Bce, ha già ridotto il suo portafoglio prestiti in Russia del 56% dall'inizio della guerra. Anche Unicredit è entrata nel mirino della Bce. All'istituto italiano è stato chiesto di fornire una ripartizione dettagliata dei piani per le loro operazioni entro il primo giugno. Intesa Sanpaolo nello scorso settembre ha ottenuto l'autorizzazione di Putin al management buyout locale della controllata russa, ma - come dichiarò il Ceo Messina a febbraio - «l'uscita non è facile» a causa di ostacoli burocratici.
L'anno scorso Unicredit e Otp - la banca ungherese che non è sotto la diretta vigilanza Bce - hanno iniziato a rimpatriare i profitti delle filiali russe sotto forma di dividendi.
Secondo alcune fonti, le banche hanno dovuto presentare una richiesta alle autorità russe, che hanno permesso di pagare fino alla metà degli utili netti, a condizione che queste versassero le tasse locali. Nel 2023 Unicredit ha ricevuto 137 milioni di euro dalla sua controllata russa, Otp 135 milioni.
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