Il blitz di Crédit Agricole nel capitale di Banco Bpm (con il 9,18%), annunciato giovedì notte, ha messo le ali al titolo dell'istituto milanese: +10,2% a 3,02 euro. Ma ha fatto alzare più di un sopracciglio. La situazione, tuttavia, potrebbe non essere quella che sembra. «Si tratta di un settore strategico tutelato anche dal golden power e sottoposto alle valutazioni del governo», ha messo le mani avanti Adolfo Urso, presidente del Copasir. E in effetti Federico Molliconi, responsabile Innovazione di Fdl, ha già invocato il golden power per un'operazione che «punta alla gestione del risparmio italiano» e che potrebbe fare della banque vert «il secondo polo bancario in Italia a controllo francese». «È un depistaggio», ha sintetizzato invece Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, pur senza entrare nei dettagli.
Solo due mesi fa, alcune voci consideravano come imminente un'offerta di Unicredit sul Banco Bpm, ma tale scenario ha poi fatto i conti sia con la fuga di indiscrezioni e con il conseguente strappo del titolo in Borsa sia con la guerra in Ucraina. Ma per alcuni osservatori, la partita del gruppo guidato da Andrea Orcel potrebbe non essere chiusa: ieri Unicredit ha anche rinviato dal 27 aprile al 4 maggio il cda per l'ok alla trimestrale, così da «concedere tempo aggiuntivo per gestire ulteriormente la propria esposizione cross border verso la Russia».
Tornando al Banco Bpm, la mossa del Crédit Agricole ostacola, almeno momentaneamente, eventuali mire di altri: la banca guidata da Giuseppe Castagna è infatti da tempo al centro di alcune ipotesi di matrimonio formulate dagli analisti. Va poi ricordato che in Italia, Intesa Sanpaolo distanzia Unicredit e ancora di più gli altri gruppi e quindi stenta a nascere il «terzo polo» pianificato anche dal governo, che cerca uno sposo per Monte Paschi.
Ma se è vero che alcuni broker come Deutsche Bank, Equita e Intesa sottolineano il senso industriale di una fusione tra i francesi e Banco Bpm, altri hanno un diverso punto di vista. «Non bisogna credere che un'offerta pubblica di acquisto sia sul tavolo. L'operazione di Crédit Agricole mira a proteggere e rafforzare una partnership (Agos ndr), non a creare un colosso del mercato bancario retail», commenta Kepler, secondo cui i francesi per portare a termine un'Opa avrebbero bisogno di un aumento di almeno 4 miliardi. Mediobanca e Morgan Stanley evidenziano poi come l'Agricole al momento sia alle prese con un livello di capitalizzazione (Cet 1 ratio) basso (11,6%).
«L'operazione riapre il dibattito sul capitale in eccesso di Unicredit e sul suo utilizzo, ovvero se debba essere destinato allo shopping o restituito agli azionisti», ha aggiunto Morgan Stanley. Non manca, in effetti, chi ipotizza che Piazza Gae Aulenti possa essere, in qualche modo, invitata a muoversi su Banco Bpm (e suoi quasi 13 miliardi di debito pubblico italiano detenuti in cassa) a difesa dell'italianità dell'istituto.
Guidata in Italia da Giampiero Maioli, l'Agricole, che aveva già gestito il dossier Carige senza entrare in urto con nessuna delle parti coinvolte, potrebbe ora avvantaggiarsi di un eventuale riassetto del Banco da un posto in prima fila.
Anche facendo spazio a un eventuale terzo acquirente l'Agricole si garantirebbe infatti un premio interessante, o magari alcuni scambi vantaggiosi (lo stesso 19,5% di Banco Bpm, detenuto in Anima, potrebbe - secondo gli analisti - essere ritenuto prezioso per il rafforzamento di Amundi) o per avere una quota in un gruppo creditizio dagli orizzonti più ampi.
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