Bruxelles vuole processare le banche sul nodo del fisco

La Ue vede il trattamento delle «imposte anticipate» come possibili aiuti di Stato. A rischio patrimonio e dividendi

La Commissione europea potrebbe chiedere di far sparire una o forse due decine di miliardi dai bilanci delle principali banche italiane, già uscite con le osse frantumate dagli esami patrimoniali dello scorso autunno. Il problema è il trattamento, ai fini fiscali e quindi in ultima analisi patrimoniali, che il nostro sistema creditizio riserva oggi alle tasse che cataloga come «recuperabili» in un prossimo futuro, perché pagate in eccesso e spesso legate ai crediti in sofferenza: più correttamente si tratta delle «attività per imposte anticipate» o «deffered tax assets (Dta)» e della sottocategoria delle «Dtc» (appunto legate alle sofferenze).

Tecnicismi che aiutano l'Erario, ma che celano un pericolo reale per il sistema: Bruxelles ha infatti già inviato una richiesta di chiarimenti a Roma che con buona probabilità diverrà una indagine formale per aiuti di Stato illegali. In sostanza le banche italiane potrebbero trovarsi di nuovo per decreto europeo a corto di capitale e quindi essere costrette dal capo della Vigilanza Ue, Daniele Nouy, a chiudere nuovamente il rubinetto dei dividendi o a ridurre i prestiti. Cioè a lasciare ancora più a secco azionisti, famiglie e imprese. Quello che è accaduto con gli stress test di Eba e Bce, che peraltro facevano le pulci proprio a prestiti e Btp, ma chiudevano gli occhi sui derivati di cui erano zeppe alcuni istituti esteri. Dalle prime stime non sembra comunque prospettarsi la necessità di altri aumenti di capitale.

A comandare è sempre il Cet1, il termometro della solidità patrimoniale delle banche calcolato come rapporto tra il capitale e gli asset pesati per il rischio. Proprio al suo numeratore oggi le banche italiane possono «infilare» le tasse pagate in eccesso. Contrariamente a quanto avviene nei Paesi «nobili» europei, dove le perdite sui crediti sono immediatamente scomputate, in Italia il «Milleproroghe» del 2013 prevede tuttavia che le rettifiche siano spalmate in ragione del 20% ogni anno per cinque anni. In sostanza per una quadriennio le banche pagano tasse per utili che non hanno fatto. Basta qui ricordare che le sofferenze sono già 180 miliardi e si ha una idea del problema, soprattutto se le «Dta» saranno oggetto dei prossimi esami patrimoniali in preparazione all'Eurotower. Non per nulla l'Abi è già sul piede di guerra e ha manifestato «totale sorpresa» verso la richiesta europea.

Insieme alla Penisola - ha scritto ieri il Financial Times - finiscono dietro la lavagna europea Spagna, Portogallo e Grecia. Insomma i «Piigs», sebbene la situazione del sistema bancario italiano non sia certo paragonabile a quello ellenico.

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