La Bundesbank ancora contro Draghi: "Scabroso fissare un tetto agli spread"

Il falco Weidmann accusa la Bce: "Fissare un tetto agli spread è un'idea scabrosa". E la Merkel lo appoggia: "Bene i suoi avvertimenti"

Dalla Bundesbank arriva un nuovo siluro contro il presidente della Bce Mario Draghi. Nel mirino dei tedeschi, ancora una volta, l'acquisto dei titoli di Stato dei Paesi Ue in difficoltà economica. A rivendicare la libertà di parola in una lunga intervista allo Spiegel è il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann che invita Draghi a non fissare un tetto dello spread spiegando di non essere il solo a condividere questa posizione all’interno del board della Bce. "Fissare i tassi di inflazione per i titoli di Stato è per me un’idea scabrosa - attacca Weidmann - non credo di essere il solo ad avere mal di pancia al riguardo". Per il presidente della Bundesbank, infatti, la Bce non deve "sottovalutare il pericolo che il finanziamento possa rendere dipendenti come una droga" oltre al fatto che "la manna di denaro delle banche centrali potrebbe risvegliare brame durevoli e condurre ad una mutualizzazione dei rischi". La posizione del falco tedesco è stata subito apprezzata dalla cancelliera Angela Merkel convinta che sia "un bene che Weidmann metta in guardia i politici in continuazione".

Angela Merkel non usa mezzi termini: "Sostengo Weidmann e credo sia un bene che egli, come capo della Bundesbank, abbia molta influenza nella Bce". D'altra parte lo stesso Weidmann non si sente come l’ultimo dei Mohicani all’interno della Bce e non ha alcuna intenzione di gettare la spugna: "Per me una politica del genere equivale ad un finanziamento di Stato compiuto stampando denaro. In questo modo la Bce non può risolvere durevolmente i problemi, corre invece il rischio di crearne di nuovi". Il presidente della Buba esclude ogni possibile dimissione da parte sua, come hanno fatto i suoi ex colleghi Axel Weber e Juergen Stark dal momento che "il modo migliore di svolgere il mio compito è di restare in carica. Voglio lavorare affinché l’euro resti forte come era il marco". Tuttavia, diversamente da quanto sostiene Draghi, per Weidmann non è compito della Bce garantire la permanenza di un Paese nell’Eurozona a qualunque costo."La nostra azione è basata sulla fiducia - spiega - sempre di più e ancora di più non crea sempre fiducia. Alla fine una banca centrale può conservare la fiducia solo se con le sue misure si attiene al mandato che le è stato affidato".

Nell’intervista allo Spiegel Weidmann spiega, infine che acquistando in continuazione bond, la Bce rischia - appunto - di perdere di vista il suo compito principale, "quello di mantenere stabili i prezzi". "Negli anni ’70 in alcuni Paesi adesso membri dell’unione monetaria si arrivò a tassi di inflazione a due
cifre"
, spiega il presidente della Buba ricordando la storia della Banca d’Italia e "quanto duramente ha dovuto combattere per sottrarsi all’abbraccio del ministero delle Finanze, per poi festeggiare giustamente ciò come un grande successo". "Se le banche centrali acquistano bond dei singoli Paesi, questi finiscono nel bilancio dell’Eurosistema - spiega Weidmann - con la conseguenza che alla fine a garantirle sono i contribuenti degli altri Paesi. Nelle democrazie a decidere su questa completa collettivizzazione dei rischi devono essere i parlamenti e non le banche centrali. L’Europa è fiera dei suoi principi democratici, che caratterizzano la sua identità". Weidmann ricorda, quindi, che non sono state le banche centrali a decidere quali Paesi dovessero entrare nell’euro, ma i governi.

Ciò significa che "se si obbligasse la Bce a garantire ad ogni costo la permanenza di Paesi membri nell’euro, si potrebbe arrivare ad un conflitto con il suo compito più importante, quello di mantenere i prezzi stabili. Anch’io non vedo come si possa escludere che un Paese sovrano decida di lasciare l’unione monetaria".

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