Si fa molta confusione fra immobili sfitti, vuoti, non occupati. Gli unici dati ufficiali sono quelli rilevati dall'Istat, in occasione del censimento.
Essi identificano gli immobili non occupati da residenti, che dunque non sono liberi, perché possono essere abitati da persone non residenti. Bisogna poi tenere conto degli immobili tenuti a disposizione, delle seconde case di villeggiatura, degli edifici in costruzione, degli appartamenti in vendita, degli immobili in corso di restauro, di quelli che avrebbero bisogno di recuperi che non vengono effettuati per mancanza di mezzi.
Bisognerebbe dunque spiegare quali siano le unità immobiliari impropriamente definite sfitte, perché il termine dovrebbe essere riservato a immobili destinati alla locazione che non siano attualmente locati, per vari fattori, comprese la ricerca di trovare un inquilino e le difficoltà sul mercato. Che cosa significa, dunque, parlare di case «vuote» o «non utilizzate»?
Molte sono «piene» (per esempio, perché locate a turisti, a studenti, a lavoratori fuori sede ecc.), moltissime sono utilizzate direttamente dal proprietario o dalla famiglia. L'uso di simili aggettivi è a volta a volta improprio, errato, infondato.
Quanto ai numeri offerti, non sono spiegati né i modi di rilevazione, né la fonte, né il periodo di riferimento. Se ne ricava che le cifre fornite non hanno alcunché di scientifico e di attendibile.
Qualcuno, ad esempio, può veramente pensare che in una città sia «vuota» la metà delle case?
L'affitto, in Italia, indubbiamente va rilanciato con politiche fiscali adeguate.
Ma non diffondendo numeri di questo tipo.
*presidente Centro studi Confedilizia
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