Confindustria: "Il 2023 un anno piatto"

Bonomi: "La Bce stia più attenta alla politica dei tassi, così rischiamo la recessione"

Confindustria: "Il 2023 un anno piatto"

Il 2023 rischia di essere un anno caratterizzato dalla «crescita piatta». La ripartenza. Dopo i due successivi shock da iperinflazione e da guerra russo-ucraina, la ripartenza sarà «lenta». È quanto emerge dalle previsioni di primavera del Centro studi di Confindustria che ha rivisto al rialzo le stime precedenti sull'incremento del Pil: da crescita zero a +0,4% per quest'anno, «meglio del previsto», ma ne emerge anche che è «esclusivamente» crescita già acquisita, una «eredità positiva» dell'andamento del 2022. E per il 2024 la previsione è per un +1,2%, «grazie al rientro dell'inflazione, alla politica monetaria meno restrittiva e alla schiarita nel contesto internazionale».

Nello scenario delineato da viale dell'Astronomia si evidenzia un'inflazione ancora elevata anche se in calo, e c'è soprattutto il timore per le mosse di politica monetaria attuata per contrastarla: c'è «grande preoccupazione sul rialzo dei tassi, un'ulteriore stretta potrebbe far ulteriormente peggiorare il quadro. Riteniamo che serva veramente molta cautela da parte della Bce», ha dichiarato il vicepresidente di Confindustria Alberto Marenghi sottolineando che «l'Europa e gli Stati Uniti riprenderanno slancio solo nel 2024, mentre la Cina dopo il rallentamento dello scorso anno, si è ripresa velocemente». Da Firenze, intervenendo alla conferenza nazionale delle Camere di Commercio, il leader degli industriali Carlo Bonomi lo sottolinea con chiarezza: «Quello che sta facendo la Bce sta andando oltre il giusto contrasto che deve essere fatto. Non vorrei che per contrastare l'inflazione si entrasse in recessione: la ricetta era giusta, l'operazione è andata bene, poi il paziente è morto». Per l'economia italiana, avverte il presidente di Confindustria, «ci aspettiamo un secondo semestre dell'anno in rallentamento. I dati della produzione manifatturiera purtroppo già stanno segnando un rallentamento, ed è importante: sappiamo tutti che la produzione manifatturiera fa da traino a tutto il resto».

Nell'analisi del Centro studi l'inflazione è vista in frenata in media al +6,3% nel 2023 ed al +2,3% il prossimo anno. La dinamica dell'occupazione è a «ritmo smorzato», con un tasso di disoccupazione ancorato all'8% nel biennio. Quest'anno per i consumi resta una «dinamica debole» con una ripresa rinviata al 2023 anche per l'erosione dei redditi da parte dell'inflazione, mentre gli investimenti appaiono in «frenata» ed il commercio «in forte rallentamento». E si affacciano nuovi rischi: «Oltre a quelli connessi alla corretta calibrazione della politica monetaria, c'è la possibilità di un aumento dell'instabilità finanziaria che può coinvolgere, come emerso di recente, la solidità delle banche a livello internazionale (dopo gli episodi in Usa e Svizzera) e i mercati immobiliari che potrebbero risentire più del previsto dell'aumento dei tassi, come ci ricorda la crisi dei mutui subprime del 2008». Mostra ottimismo il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in videocollegamento alla presentazione del rapporto degli industriali: «Penso che siano già stati smentiti alcuni profeti di sventura che avevano detto che con il nuovo governo l'Italia avrebbe rischiato molto. Così non è avvenuto».

Cosa va fatto per l'economia e per il Paese? Nella sintesi del capoeconomista di Confindustria, Alessandro Fontana, bisogna ora «sostenere i redditi delle famiglie, soprattutto quelle

meno abbienti, per ridurre gli effetti dell'inflazione e sostenere i consumi»: la strada è quella del taglio del cuneo. Poi «continuare a proteggere le imprese energy intensive» e «supportare gli investimenti» delle aziende.

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