L'invadenza del politicamente corretto, mantra del progressismo su scala globale, ormai invade e permea qualsiasi territorio. E impone comportamenti se non addirittura scelte della politica. I media coraggiosi cioè quelli non schierati ideologicamente non mancano di sottolineare come tali tic siano la causa di quel progressivo e asfissiante deficit che mina la convivenza autenticamente libera e rispettosa del punto di vista altrui. Tuttavia, gli opportuni e preoccupati rilievi mi pare si concentrino per lo più su argomenti che riguardano il modo strumentale e illiberale di occuparsi dei cosiddetti diritti individuali. Ha decisamente meno risonanza un altro tema preso di mira dal politicamente corretto. E questo, in verità, avviene non da oggi.
Essendo il politicamente corretto la malattia adulta del sinistrismo salottiero. La vittima è la figura dell'imprenditore. Nella mentalità miope del politicamente corretto chi nella società svolge il compito di promuovere e portare avanti un'azienda (specie se di piccole dimensioni) è sicuramente un soggetto poco raccomandabile per almeno due motivi. Il primo: è un individuo che evade le tasse con regolarità; il secondo: è un individuo che, per perseguire il profitto, nella sua impresa esercita un potere coercitivo verso le maestranze.
Il punto è che questi cattivi pensieri, espressione del politicamente corretto, hanno lasciato e lasciano il segno. Cioè, sono da anni e anni divenuti mentalità comune. Tanto è vero che è sempre complicato esercitare qualche difesa dei piccoli imprenditori così come avanzare qualche loro legittima richiesta di attenzione da parte del decisore pubblico. Si tratta di voci che non si devono sentire in quanto evasori e sfruttatori. Ovviamente la realtà è altra.
La nostra economia reale senza la loro eroica presenza sarebbe nulla. Le avversità e le malignità non ne scalfiscono la volontà di costruire. La scena è bella: i Davide delle pmi contro i Golia del politicamente corretto.info@pompeolocatelli.it
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