Il tema della sovranità energetica del sistema-Paese è oggi più che mai caldo di fronte alle sfide poste, in questo 2022, dalla guerra russo-ucraina e dalla crisi delle catene di approvvigionamento che essa ha accelerato. Soprattutto, pone l'industria di fronte alla sfida di ripensare il proprio futuro in vista dei nuovi scenari che si apriranno. La doppia transizione, energetica e digitale, è una sfida esiziale per l'Italia e l'Europa e i decisori devono lavorare per svilupparla assieme a imprese e territori.
Sul tema discutiamo oggi con Francesco Rolleri, presidente di Confindustria Piacenza e ex presidente della Provincia del centro emiliano, tra i maggiori poli del Nord Italia sul fronte della produzione di macchinari industriali e come piattaforma logistica. Rolleri da tempo rivendica che la sua associazione ha previsto la crisi energetica già nel 2010, anno in cui in un convegno "Dalle rinnovabili al nucleare: ultimo appello per l’Italia" si mise esplicitamente in guardia il sistema-Paese dal rischio di un'eccessiva dipendenza dell'Italia da forniture estere e dalle conseguenze della miopia sul fronte della transizione.
Presidente Rolleri, l'industria affronta oggi una sfida critica sul fronte degli approvvigionamenti per le materie prime e una sfida chiave sull'energia. Quali sono gli scenari che si prospettano per l'inverno?
"Abbiamo di fronte mesi complessi da gestire. Non una novità se guardiamo agli ultimi due anni e mezzo. Per l’economia italiana c’è stata una sfida dietro l’altra. Adesso è il turno della crisi energetica. Le condizioni sono difficili, va ammesso, ma io preferisco riflettere oggettivamente. Nelle ultime settimane stiamo assistendo ad una discesa dei prezzi sul mercato gas e luce. Una combinazione favorevole di stoccaggi elevati, impossibilità di far scaricare le navi di GNL e temperature miti. Nei prossimi mesi ci attendiamo nuovi rialzi, ma senza la violenza di questa estate. Sono fiducioso sul fatto che si troverà un accordo a livello europeo per un meccanismo comunitario “anticiclico” sui prezzi del gas. Forse non così potente come sperato all’inizio delle trattative, ma pur sempre un elemento di cui tenere conto. L’altro dato da considerare è l’autorazionamento dei consumi di gas certificato anche dall’Ufficio parlamentare di bilancio, a ottobre i consumi si sono ridotti di quasi il 20% rispetto ad inizio 2019. Da una parte sintomo di una recessione nella quale entreremo, comunque con un buon cuscinetto di ordinativi, dall’altra di un mercato che giocoforza si è riequilibrato. Ripeto: la situazione è difficile, ma ci sono elementi per cui essere relativamente ottimisti. E poi abbiamo già visto con la pandemia che la ripresa dopo una fase recessiva può rivelarsi molto più rapida di quanto ci si aspetti. È possibile che si ripeta, una volta trovata la strada per una tregua alla guerra russo-ucraina".
Caro bollette e aiuti pubblici, come è stata la situazione finora? Su che fronte vi aspettate miglioramenti?
"In attesa di una soluzione a livello europeo, si sono mossi i singoli Paesi. Da convinto europeista mi dispiace, perché ciò ha complicato le trattative nelle ultime settimane. La Germania ha messo sul piatto 200 miliardi di euro sfruttando gli ampi margini del suo debito pubblico. Anche la Francia interverrà in maniera cospicua. L’Italia ha il dilemma delle risorse limitate. Confindustria a livello nazionale non ha alzato la voce per scelta, lavorando dietro le quinte per portare a casa il migliore risultato possibile. I crediti d’imposta su gas ed energia elettrica sono stati prorogati e le aliquote innalzate, un aiuto davvero importante insieme alla rateizzazione delle bollette. C’è chi sostiene si potesse fare di più. Indebitandosi, sì. Il governo Draghi ha però deciso di non forzare la leva fiscale, una scelta comprensibile. Spendere miliardi di euro aggiuntivi avrebbe portato un sollievo marginale e temporaneo senza risolvere il problema di fondo: l’assenza di una autonomia energetica dell’Italia e dell’Europa. Contiamo che il nuovo governo, forte anche della governabilità uscita dalle elezioni, collochi l’energia al primo posto: le imprese devono essere aiutate".
Fate riferimento a un territorio chiave per molti settori, dalla meccanica ai trasporti. In che modo i nuovi trend di sostenibilità possono essere incorporati nel vostro modello di sviluppo?
"Negli ultimi vent’anni le rinnovabili erano state una scelta. Dettata da una coscienza sociale, un investimento, un risparmio economico in prospettiva, ma pur sempre una scelta. Dopo lo shock della pandemia e soprattutto dopo la crisi energetica sono diventate una esigenza strategica per le nostre aziende. Hanno unito alla sostenibilità ambientale la necessità delle fabbriche di poter contare su fonti energetiche affidabili, dai costi bassi e soprattutto indipendenti da fattori esogeni. Come una pandemia o un conflitto bellico. Il nostro modello di sviluppo ipotetico vede l’industria produrre energia elettrica con pannelli fotovoltaici sui tetti dei capannoni e impianti eolici sul territorio piacentino. Come associazione stiamo lavorando tanto anche sul fronte dell’idrogeno. Piacenza è polo logistico chiave non solo per l’Italia ma anche per la macroregione economica del Nord Europa: l’idrogeno può costituire una svolta decisiva per la nostra mobilità. Ma l’idrogeno troverà spazio solamente quando le rinnovabili saranno molto diffuse. Fino ad allora è più conveniente utilizzare l’energia da fonti rinnovabili direttamente nei processi".
Lei è stato un precursore nel parlare di autonomia e sovranità energetica da un lato e di ricadute industriali dall'altro. Come vede l'evoluzione del dibattito in Italia?
"Recentemente abbiamo rispolverato i discorsi che tenevamo come associazione in convegni sul tema energia più di dieci anni fa. Parlavamo di Gheddafi e Putin, della necessità di doversi assicurare una fornitura energetica che non dipendesse dagli equilibri geopolitici. Non che questo oggi valga granché, ma ciò significa che i sentori della crisi energetica erano nell’aria da tempo. Confindustria Piacenza oggi punta tanto sulle comunità energetiche e sull’autoconsumo. Le singole aziende possono diventare produttrici di energia elettrica rinnovabile, soprattutto da fotovoltaico, e distribuirla direttamente a stabilimenti e abitazioni presenti nelle vicinanze. Una strategia che parte dal livello micro e che può compensare gli sforzi a livello macro, dell’esecutivo, per generare l’energia che serve alle aziende. Credo che il dibattito in Italia presto ci seguirà, sempre che la burocrazia venga snellita e semplificata, perché permetterebbe di incrementare i gigawattora generati da fonti rinnovabili in tempi decisamente brevi, in attesa che si mettano in moto nel medio-lungo termine piani di investimento e bandi governativi".
In prospettiva, che cosa potrà riadattare le relazioni industriali in un'epoca di emergenza energetica?
"La crisi energetica, con annessa ondata inflattiva, sta erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori. La prossima recessione, che ripeto non credo sarà grave e duratura, raffredderà i prezzi solo limitatamente. Un tasso di inflazione elevato nel medio termine teoricamente richiama i salari nominali ad una correzione verso l’alto. Questa spinta si somma all’inverno demografico. A Piacenza, ma direi in tutto il Nord, la manifattura non riesce a trovare i profili che cerca. Le variabili in gioco sono molteplici: mansioni sempre più tecniche e specifiche, disallineamento tra imprese e scuola, squilibri strutturali del mercato del lavoro. Sta di fatto che convivono sia disoccupazione prossima all’8% sia circa l’1,7% dei posti vacanti nell’industria (circa il triplo della crisi del 2011/2012). Anche questo porta gli imprenditori a spingere i salari nominali verso l’alto, nel tentativo di attrarre i talenti. La questione che si pone quindi è: riuscirà questo governo ad attuare finalmente quel taglio al cuneo fiscale che le imprese attendono da decenni? Ciò che va in tasca ai lavoratori è il salario reale e non possiamo pensare che la contrattazione collettiva possa in breve tempo colmare la distanza venutasi a creare tra costo della vita e redditi da lavoro. Evitare una spirale salari-prezzi, ma intervenire riducendo il prelievo dalle tasche dei lavoratori. Ne vanno anche i consumi privati e la crescita italiana di lungo termine".
In che modo, invece, il PNRR può abilitare le imprese a vincere la sfida energetica della transizione?
Posso fare riferimento alla nostra provincia, Piacenza. Sono soddisfatto di come si è approcciata ai bandi. Qualità dei progetti ancor prima della quantità, una scelta che condivido. Come Confindustria abbiamo coordinato il tavolo sulla transizione energetica. L’idrogeno è una delle nostre scommesse, specialmente per la mobilità.
Sia per la posizione strategica di Piacenza, sia per la presenza di eccellenze di tutta la filiera Oil&Gas nel nostro territorio, dalle valvole ai sistemi informatici di controllo, passando per le infrastrutture. Queste realtà stanno già lavorando da anni in preparazione alla transizione all’idrogeno. Non avverrà domani, ma presto capiremo quali sono le sue potenzialità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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