L'articolo 3 del Decreto legge 261/1999 dispone che «è assicurata la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza».
La portata dell'enunciato principio trova specificazione, secondo criteri di ragionevolezza, attraverso l'attivazione di un congruo numero di punti di accesso, al fine di tenere conto delle esigenze dell'utenza. Detti criteri sono individuati con provvedimento dell'autorità di regolamentazione. In attuazione del suesposto precetto, l'articolo 2 dell'ottobre 2008 dispone che «il criterio di distribuzione degli uffici postali è costituito dalla distanza massima di accessibilità al servizio, espressa in chilometri percorsi dall'utente per recarsi al punto di accesso più vicino, per popolazione residente» e al successivo comma 2 che «con riferimento all'intero territorio nazionale, il fornitore del servizio universale assicura: un punto di accesso entro la distanza massima di 3 chilometri dal luogo di residenza per il 75% della popolazione; un punto di accesso entro la distanza massima di 5 chilometri dal luogo di residenza per il 92,5% della popolazione; un punto di accesso entro la distanza massima di 6 chilometri dal luogo di residenza per il 97,5% della popolazione». Poste italiane non contesta il già illustrato dato ma afferma che «il parametro della distanza non può che riferirsi a percentuali di popolazione nazionale» e non ai luoghi di residenza della comunità locale servita. «La posizione della resistente Poste non è condivisibile poiché non coerente con la disposizione normativa in questione» ha tagliato corto il Tar di Parma nella sentenza del 2016.
*Presidente Centro studi Confedilizia
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