Fiat Chrysler Automobiles chiude nel modo più indolore (e previsto) il proprio «dieselgate» americano. Il gruppo guidato da Mike Manley ha patteggiato un esborso pari a circa 800 milioni di dollari, in pratica quanto era stato accantonato (713 milioni di euro) per far fronte al problema. Nel dettaglio, le diverse multe ammontano complessivamente a poco meno di 400 milioni di dollari. A questa cifra vanno però aggiunte alcune spese accessorie: i soldi destinati agli accordi con i proprietari delle auto finite sotto inchiesta e quelli stanziati per ovviare al problema delle emissioni in eccesso e per l'aggiornamento dei motori.
Fca era accusata di aver installato un software per consentire a 104mila veicoli diesel, tra Jeep Grand Cherokee e Ram prodotti tra il 2014 e il 2016, di emettere livelli di gas oltre i limiti.
Nel commentare il patteggiamento, il Lingotto ha ribadito di «non avere adottato qualsivoglia disegno deliberatamente diretto a installare impianti di manipolazione per aggirare i test sulle emissioni». E sempre Fca ha precisato che «ogni attuale o precedente proprietario o locatario di tali veicoli, avrà titolo a un pagamento pari, in media, a 2.800 dollari, come concordato con i rappresentanti dei consumatori nella class action. I veicoli interessati beneficeranno, inoltre, di un'estensione della garanzia in relazione all'aggiornamento del software».
Anche Piazza Affari ha risposto positivamente all'ufficializzazione dell'accordo con le autorità federali e statali americane: le azioni Fca sono salite dell'0,9% a 13,87 euro. Ignorata dal mercato anche ieri la sanzione di 178,9 milioni comminata dall'Antitrust a Fca Bank al termine dell'istruttoria sul «cartello» costituito da captive banks, relativi gruppi automobilistici e associazioni che operano in Italia attraverso prodotti finanziari.
In casa Fca, intanto, continuano i movimenti nel management. Nuovo capo di Fca Italia, flotte e Mopar Emea è Santo Ficili, in precedenza responsabile di Mopar Emea e prima ancora del mercato italiano. Incarico Emea per Gianluca Italia (ex direttore generale di Fca Italia), al quale è stata affidata la responsabilità dei Motor Village dell'area che include l'Europa. Entrambi rispondono a Pietro Gorlier, coo Emea. A livello mondiale ci sono stati già dei cambiamenti ai vertici (comunicazione, acquisti e Nord America) e altri potrebbero essere annunciati (Olivier François?).
Ancora «dieselgate», ma questa volta con al centro chi ha scatenato lo scandalo: il gruppo Volkswagen. Nel deserto che divide la California dal Nevada, poco distante dalla freeway che unisce Los Angeles e Las Vegas, anche quest'anno è in piena attività il megadeposito che ospita vetture del gruppo Volkswagen. Vi sono tuttora parcheggiati migliaia di modelli ritirati in quanto coinvolti dal «dieselgate». Il via vai delle bisarche è continuo. Resta da capire che fine faranno tutte queste auto, la maggior parte in apparenti buone condizioni. Il gruppo Volkswagen, chiuso il capito Usa di sanzioni e risarcimenti, si trova ora ad affrontare un complicato fronte europeo. Nella «sua» Germania, circa 372mila proprietari di auto equipaggiate con le centraline truccate, hanno infatti aderito a una class action legale collettiva.
In Italia, invece l'udienza al tribunale di Venezia è stata fissata il prossimo 8 maggio. Ad aderire alla causa, intentata da Altroconsumo, 76.470 automobilisti. Tedeschi e italiani chiedono lo stesso trattamento (risarcimenti) riservato dal gruppo ai clienti Usa. Iniziative analoghe riguardano altri Paesi.
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