Ciò che sembrava poco probabile due mesi fa ha cominciato a diventare plausibile una decina di giorni or sono e si è materializzato lo scorso 13 luglio. L’euro e il dollaro hanno raggiunto la parità.
Dalla crisi all'inflazione: i motivi
I motivi del potenziamento del dollaro sono diversi e stabilire quale peso abbiano rappresentato è cosa ardua. Ci sono la crisi energetica e quella delle materie prime, c’è l’inflazione, c’è il conflitto tra Russia e Ucraina e poi ci sono le incertezze dei governi degli Stati Ue e dell’Ue stessa.
Non si tratta soltanto delle incertezze palesate dal governo italiano ma di quelle a cui non hanno saputo dare risposta tutti i governi europei. La situazione è stata letta male e, per fare capire meglio, facciamo riferimento ai campanelli d’allarme che sono stati ignorati in Italia.
Torniamo un attimo ad aprile di quest’anno quando l’Istat ha registrato un aumento dell’inflazione rispetto all’aprile del 2021 del 6,2%. Notizia che le istituzioni preposte hanno letto a senso unico poiché, rispetto ai dati di marzo, l’aumento dei prezzi si era contratto dello 0,3% (a marzo l’inflazione registrata durante i dodici mesi precedenti era del 6,5%).
I prezzi però non stavano scendendo e l’inflazione al ribasso seguiva il taglio delle accise sui carburanti e la moderazione dei prezzi di gas e metano. I seguenti decreti taglia prezzi, ribattezzati “Ucraina” e “Ucraina bis” la dicono lunga: ogni governo guardava alla crisi russo-ucraina occupandosi soltanto di sponda di ciò che stava accadendo in casa propria.
Parallelamente, i prezzi al consumo per le famiglie aumentavano dall’1,9% registrato a marzo al 2,5% di aprile. Nell’eurozona andava pure peggio poiché si è passati, nel medesimo tempo, dal 2,9% al 3,5%.
Questo andamento inflazionistico ha lasciato traccia sui mercati azionari europei, spingendo gli investitori a prediligere i mercati americani.
Cercare un colpevole è inutile se non persino deleterio. Questo quadro, però, non aiuta a trovare soluzioni.
Le previsioni
Gli analisti si dividono: c’è chi crede che la corsa del dollaro sia eccessiva se rapportata al rallentamento economico americano. È di questo avviso lo Chief investment office di UBS Wm Italy Matteo Ramenghi che ha rilasciato un’intervista al sito Quifinanza.it.
Altri analisti prevedono un ulteriore apprezzamento del dollaro nell’immediato per poi vedere una ripresa dell’euro nel 2023.
Le voci degli esperti sono unanimi: per mettere un freno al potere del dollaro sarebbe necessaria un rallentamento del conflitto tra Russia e Ucraina ma, questo, esula dai poteri delle politiche economiche europee che rappresentano l’altro perno attorno al quale sviluppare soluzioni. Politiche certe e non silenti che lascino dubbi. Politiche che siano in grado di leggere e interpretare i dati sull’inflazione per identificarne il picco per poi agire di conseguenza.
Il dollaro
vola grazie anche alle politiche monetarie americane che sono ampiamente dichiarate dalla Fed mentre, dal fronte della Bce, arrivano ancora dispacci pieni di condizionali e di ipotesi. E le certezze si lasciano desiderare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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