Tempi strettissimi per sterilizzare gli aumenti sulle bollette di luce e gas pronti a scattare ad ottobre. Il governo di Mario Draghi ha in tasca un piano per evitare la stangata sulle spalle dei consumatori che intende portare in Consiglio dei Ministri entro la prossima settimana. L’aumento a doppia cifra delle quotazioni del gas naturale e la crisi globale sul fronte delle materie prime impongono l’adozione di un cambio di passo chiaro e immediatamente esecutivo. La strategia allo studio dei tecnici del ministero dell’Economia ha una dotazione finanziaria di quattro miliardi di euro: provvista che servirà ad azzerare una parte degli “oneri di sistema” che gravano sulle bollette pagate ogni due mesi dagli italiani. In questo modo, le variazioni imposte alle tariffe non dovrebbero comportare aumenti del saldo finale.
L’agenda dell’esecutivo prevede quindi di ritoccare verso il basso le voci che nelle bollette si riferiscono ai costi per il trasporto, il mantenimento delle rete e altri balzelli che nel corso del tempo hanno costellato il consuntivo depositato nella casette delle lettere dei clienti delle decine di società attive nel comparto energetico. Le modifiche allo studio prevedono quindi di trasferire gli oneri di sistema a carico della fiscalità generale: i costi verrebbero quindi sostenuti attraverso la gestione del denaro riscosso a livello generale dallo Stato. Non solo, l’intervento dovrebbe essere ancora più deciso per le famiglie con un indice Isee uguale o inferiore ai 20.000 euro. Una scelta che punta quindi a introdurre una mitigazione basata su criteri di progressività. Aumenterà anche la chiarezza per i consumatori. Sarà infatti più semplice comprendere il reale costo dell’energia e metterlo in relazione all’eventuale contratto sottoscritto sul mercato libero. L’incognità riguarda l’orizzonte temporale delle misure. Palazzo Chigi e il Tesoro dovranno decidere se puntare su una strategia transitoria o, al contrario, impostare un lavoro capace di impattare sul medio termine guardando anche ai primi mesi del 2022.
Al momento è da scartare l’ipotesi che puntava a una riduzione dell’IVA pagata sulla fornitura di energia e sui servizi connessi: con un gioco di aliquote che varia dal 10 al 22 per cento. La “manovrina” non sarebbe facile da gestire e andrebbe a impattare direttamente sulla riforma fiscale a cui lavorano da mesi tutti i partiti della maggioranza di governo. Verso un binario morto anche la proposta cristalizzata dal Movimento 5 stelle in una mozione parlamentare: atto che propone l’aumento della tassazione per le imprese produttrici e distributrici di energia e gas. La scelta, al vaglio del governo socialista spagnolo guidato da Pedro Sanchez, rischierebbe poi di impattare sull’andamento del mercato finanziario.
Non solo, tante delle società italiane attive nel comparto sono direttamente controllate – o partecipate – dallo Stato o dalle amministrazioni comunali. Una politica fiscale “punitiva” finirebbe anche per limitare gli investimenti sulla ricerca e sviluppo. Scenario regressivo che gli altri partiti della maggioranza non vogliono favorire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.