Ecco la verità sulle pensioni: cosa accadrà agli assegni

Il 31 dicembre non va in soffitta solo Quota 100. Anche l'Ape social è a rischio. E spunta l'incognita inflazione sulla nuova rivalutazione degli assegni

Ecco la verità sulle pensioni: cosa accadrà agli assegni

Il cantiere previdenziale è fermo. L'esecutivo, molto probabilmente in autunno, deciderà le nuove modalità di accesso alla pensione con l'uscita di scena di quota 100. Ma adesso, sul fronte previdenziale è corsa contro il tempo. Le ipotesi sul campo sono tante, si è parlato finora di Quota 102, di una Quota 41 pura o di un'uscita anticipata con un sistema di calcolo col contributivo integrale. Ma al netto dei piani dell'esecutivo e delle varie anime della maggioranza, senza un intervento tempestivo entro il 31 dicembre 2021, sono tante le novità che riguarderanno i milioni di lavoratori che si accingono ad andare in pensione. Ma andiamo con ordine. La prima grande novità è quella che riguarda l'uscita di scena di Quota 100.


Via Quota 100 e non solo...

È indispensabile su questo fronte evitare lo scalone di 5 anni per chi pur avendo i requisiti per la riforma varata dal governo gialloverde dovrà fare i conti con i parametri della Fornero che fissano l'uscita a 67 anni. Al 31 dicembre del 2021 potrebbe anche uscire di scena l'Ape sociale che potrebbe determinare lo stop al prepensionamento con 63 anni di età e 30 anni di contributi o 63 anni di età e 36 di contributi.

Con Ape social e Quota 100 alla porta e senza proroghe da parte del governo resterebbe sul campo la Fornero nel pieno della sua attuazione. Proprio l'Europa qualche mese fa nelle sue raccomandazioni all'Italia in vista del Recovery Fund aveva chiesto la piena applicazione della riforma varata del governo Monti. Una scialuppa di salvataggio che resterebbe operativa è quella di quota 41 ma solo per i lavoratori precoci. In questo quadro però non va dimenticato un aspetto fondamentale: l'adeguamento all'aspettativa di vita fissato dall'Istat. L'asticella si sposterà di tre mesi per ogni biennio fino allo scoccare del 2026 per poi ridursi a due mesi ogni due anni partendo dal 2027.


Torna la Fornero e il nodo rivalutazioni

Lo scenario più probabile dunque resta quello della Fornero "potenziata" con un inevitabile allungamento dei tempi per l'uscita dal lavoro. Un altro nodo da sciogliere in vista dell'apertura vera e propria del cantiere previdenziale riguarda le rivalutazioni delle pensioni. Finora la rivalutazione piena al 100% viene riconosciuta solo agli assegni che ammontano fino a 4 volte il minimo. Dall'1 gennaio 2022 lo schema dovrebbe cambiare in questo modo: perequazione sempre fino a quattro volte il trattamento minimo; perequazione al 90% tra le quattro e le cinque volte il minimo; perequazione al 75% sopra le cinque volte il minimo. Di fatto le fasce intermedie passerebbero dall'attuale rivalutazione al 77% a quella che prevede un adeguamento del 90%.

Ma attenzione a questo punto: l'allargamento delle quote di rivalutazione è stato fissato dall'ultima legge di Bilancio che richiama il vecchio sistema della legge 388/2000. Un ritorno al passato dopo le perequazioni calmierate voluti dagli ultimi governi sulla scia dell'esecutivo Monti.

Non è da escludere, come abbiamo ricordato più volte, un intervento dell'esecutivo per prorogare il sistema "bloccato". Ma in questa partita di sicuro giocherà un ruolo determinante l'inflazione. Senza una variazione consistente, il nuovo sistema potrebbe andare a saldo zero senza spostare le cifre degli assegni.

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