S&P boccia le banche Usa e complica il lavoro alla Fed

Giù il rating di cinque istituti, pesa il rialzo dei tassi. Previsto un aumento delle insolvenze anche in Europa

S&P boccia le banche Usa e complica il lavoro alla Fed
00:00 00:00

Jerome Powell arriva a Jackson Hole, dove interverrà venerdì prossimo al simposio della Federal Reserve, con una preoccupazione in più. Oltre all'inflazione ancora elevata e all'economia che manda segnali contrastanti, a rendere più complicate le scelte di politica monetaria è la salute del sistema bancario americano. E in particolare quella parte su cui Standard&Poor's ha fatto calare ieri la scure con un taglio del rating che ha riguardato Associated Banc-Corp, Valley National Bancorp, UMB Financial, Comerica Bank e Keycorp.

Un downgrade che arriva a una decina di giorni di distanza dal declassamento da parte di Moody's di dieci banche di piccole e medie dimensioni, tra cui M&T Bank e Pinnacle Financial. Le motivazioni sono le stesse: riguardano i rischi su liquidità e redditività procurati dalla catena di rialzi dei tassi, un effetto collaterale forse non del tutto calcolato da Powell. Non almeno alla luce delle scosse sismiche che hanno terremotato la scorsa primavera alcuni istituti regionali, incapaci di trovare contromisure davanti alla fuga di massa dei correntisti. Una ritirata collettiva determinata, nel caso di Silicon Valley Bank e Signature Bank, da notevoli criticità di bilancio create dagli inasprimenti del costo del denaro, dalla scarsa remunerazione sui depositi, nonché dalla mancata tutela dei conti superiori ai 250mila dollari in caso di fallimento.

Situazioni di estremo stress finanziario che, come dimostrano i provvedimenti presi dalle due principali agenzie di rating, non sembrano ancora essere stati del tutto risolti nonostante gli interventi della Fed (stanziamento di 400 miliardi di dollari) e del Tesoro (salvataggio di First Republic Bank attraverso JP Morgan). Anche perché se, fino a qualche mese fa, i problemi sembravano circoscritti al piccolo mondo delle banche di territorio, ora l'intero sistema del credito a stelle e strisce deve fare i conti con l'aumento delle sofferenze, ovvero le insolvenze su mutui e prestiti provocate da rate rese sempre più salate dai 17 aumenti dei tassi decisi dalla Fed. È un fenomeno che colpisce anche le banche di grandi dimensioni. Secondo alcune stime, già nel secondo trimestre Jp Morgan Chase, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno dovuto svalutare cinque miliardi legati a prestiti non onorati. Non a caso, S&P tiene l'occhio vigile su Bank of New York Mellon e U.S. Bancorp, che potrebbero presto subire un downgrade.

Una situazione nel complesso delicata, quella del mondo del credito, che richiederebbe interventi più strutturali per evitare il ripetersi degli oltre 100 fallimenti che colpirono le banche Usa in seguito alla crisi dei mutui subprime. Più che alla riforma di Fmi e Banca Mondiale che intende proporre al G20 in India, il presidente Joe Biden dovrebbe forse cominciare a guardare in casa propria.

Peraltro, l'Europa non è messa meglio. S&P ha messo infatti a punto uno scenario avverso in cui il tasso di default su 12 mesi dei corporate europei di grado speculativo potrebbe raggiungere il 3,75% entro giugno 2024, dal 3% del giugno di quest'anno. Un'ipotesi ancora più pessimistica, basata su una recessione nel Vecchio continente, colloca al 5% la quota di bancarotte.

Anche in questo caso, gli alti tassi imposti dalla Bce e dalla Bank of England stanno presentando un conto salato alle imprese, costrette a destinare una quota maggiore dei propri flussi di cassa (in calo) al servizio del debito, mentre l'economia, sebbene resista, è in rallentamento.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica