Einaudi e la lezione che dura fino a oggi

Un libro che ha per titolo "Elogio del rigore", e non rimanda alla "prosa de fútbol" di Osvaldo Soriano, tende oggi a suscitare una certa diffidenza

Einaudi e la lezione che dura fino a oggi

Un libro che ha per titolo «Elogio del rigore», e non rimanda alla «prosa de fútbol» di Osvaldo Soriano, tende oggi a suscitare una certa diffidenza. Soprattutto ora che il Covid ha messo nell'angolo gli alfieri dell'austerità e sdoganato, con Mario Draghi, il «debito buono». Ma qui, di ben altro si tratta: questo è un ritratto dello statista da giovane, immortalato in foto con baffi a manubrio e occhialetti tondi e sulla carta dai 263 aforismi scritti da Luigi Einaudi per il Corriere della Sera di Luigi Albertini, a partire dal luglio 1915 e fino al dicembre 1920. Il pensiero liberale e lo slancio etico e patriottico del futuro presidente della Repubblica sono già incastonati in ognuna di queste pagine messe assieme con pazienza certosina da Corrado Sforza Fogliani, presidente del Centro studi Confedilizia.

Qui c'è anche l'asciuttezza dello stile, privo di quella trombonaggine retorica ancora in uso in certe frattaglie della politica, nè si rischia il sobbalzo causa gli svarioni lessicali che popolano i tweet. Soprattutto, non c'è traccia di moral suasion. Non si blandisce, la minaccia esplicita è il grimaldello della persuasione, la necessità elevata a virtù imperativa per un'Italia in guerra che, a caccia di quattrini, abbisogna «dei proiettili d'argento (del Tesoro) per coprire il nemico di proiettili di ferro». Se le sottoscrizioni per il prestito di guerra andranno male, l'alternativa sarà una sola: il prelievo forzoso. A quanto pare, Giuliano Amato non deve aver letto Einaudi.

Poi ci sono le regole del vivere quotidiano, queste sì forzatamente sobrie nell'invito a mangiare meno pane, ché «il frumento importato è più scarso e più caro e quindi fa indebitare lo Stato»; a consumare meno carbone, a ridurre i viaggi e financo a far durare di più un paio di scarpe. Se «sopportare senza brontolare, è un dovere del buon cittadino», risparmiare è un obbligo. Ma guai a nascondere il gruzzolo sotto il materasso: «Invece di tenere i vostri denari liquidi in casa o su un libretto, dove vi rendono il 2,50 o il 3%, perché non comprate Buoni del Tesoro? Guadagnereste dall'1 al 3% d'interesse in più».

Anche quando esce vittoriosa dal conflitto, l'Italia ha bisogno di frugalità. E di soldi. Einaudi si scaglia contro gli «arricchiti di guerra» che non finanziano il Tesoro, mette alla berlina la borghesia, accusa di «inflaccidimento» la classe operaia, fino a sostenere che gli evasori sono «vittime di un'illusione» perché «se tutti frodano della metà, lo Stato invece di far pagare il 10% del reddito deve far pagare il 20% e la frode non serve a niente». Poi ci sono le stilettate contro chi chiede l'impossibile pretendendo salari alti, profitti elevati e prezzi bassi.

Einaudi ci riserva una lezione finale: «Disertare le urne non significa soltanto far perdere un voto al proprio partito, ma farne guadagnare due al partito avversario». Una lezione che, un secolo dopo, non abbiamo ancora imparato.

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