Eni e Snam a caccia di Co2. Primo progetto per catturarla

L'ossido prodotto dalla centrale di gas naturale è veicolato e stoccato offshore a quota tremila metri di profondità

Eni e Snam a caccia di Co2. Primo progetto per catturarla
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Eni accelera sulla cattura della Co2 anche in Italia. Dopo il forte sviluppo negli Uk - e aspettando la nascita di un'Autorithy dedicata - il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha avviato in coppia con Snam un impianto di cattura, trasporto e stoccaggio dell'anidride carbonica a Ravenna.

Il termine tecnico inglese è Ccs, acronimo di Carbon Capture and Storage e, in soldoni, si tratta di un business nato con la transizione energetica che consiste nel depurare il gas appena estratto prima di metterlo in rete immagazzinando, in parallelo, la Co2 che non finisce così nell'atmosfera.

Nel dettaglio, l'impianto "Ravenna Ccs" cattura il 90% dell'anidride carbonica che esce dalla centrale di trattamento del gas naturale di Casalborsetti (Eni), circa 25mila tonnellate l'anno. Poi, attraverso condotte Snam usate in precedenza per il metano, la Co2 viene trasportata fino alla piattaforma offshore di Porto Corsini Mare Ovest. Qui, viene pompata sottoterra in un giacimento esaurito di metano, a 3mila metri di profondità, dove rimarrà in permanenza.

Nei prossimi anni partirà poi la Fase 2, che prevederà un aumento delle quantità di Co2 stoccabili secondo la normativa, e amplierà il raggio d'azione.

La joint venture di Eni e Snam comincerà a prelevare la Co2 anche dai camini dalle aziende energivore del Ravennate (siderurgia, raffineria, vetrerie, cartiere, ceramica). Oltre che per ragioni ambientali, queste hanno convenienza a stoccare sottoterra la loro Co2, per evitare di dover pagare la tassa europea sulle emissioni, il sistema Ets, sempre più oneroso.

L'obiettivo della jv è quello di arrivare nel 2030 a pompare nei giacimenti offshore esauriti della Romagna almeno 4 milioni di tonnellate l'anno.

Secondo la jv Ravenna Ccs si potrebbe salire a 16 milioni di tonnellate l'anno, ma questo dipenderà dalla domanda del mercato. Per molti esperti del settore, e per gli ambientalisti, questa pratica non è sostenibile economicamente, ed è solo un mezzo per le società energetiche, per continuare lo sfruttamento delle fonti fossili.

Eni, invece, la ritiene una tecnologia sicura e profittevole. A Liverpool, il gruppo ha già realizzato un impianto simile a quello di Ravenna. Inoltre, la cattura del carbonio viene considerata dalle agenzie ambientali dell'Onu e dalle conferenze sul clima Cop come uno strumento indispensabile per la decarbonizzazione, specialmente per l'industria pesante.

«La cattura e lo stoccaggio della Co2 è una pratica efficace, sicura e disponibile fin da ora per abbattere le emissioni delle industrie energivore le cui attività non sono elettrificabili», ha detto Descalzi.

«La Ccs - ha aggiunto l'ad di Snam Stefano Venier - serve ad abilitare una transizione energetica giusta ed equilibrata, nell'ambito della quale offrire anche ai soggetti più energivori la possibilità di intraprendere percorsi di decarbonizzazione che ne preservino la competitività».

Per Eni, Ccs Ravenna sarà un

tassello in più verso la nascita di una nuova società (satellite) della Ccs, il progetto è allo studio da mesi e si basa soprattutto sul business sviluppato da Eni all'estero: in Nord Africa, Olanda, Norvegia e in Gran Bretagna.

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