“La nostra è una battaglia per affermare le logiche di libero mercato e di libera circolazione dei prodotti all’interno dei Paesi dell'Unione europea. Contro Il rischio evidente di trovarci di fronte a un mercato medievale, bizantino che danneggia con la violazione delle regole comuni in materia di commercio tutto il settore del legno arredo, la produzione di mobili eccellenza del made in Italy”. Paolo Fantoni, amministratore delegato della grande azienda che produce pannelli, pareti divisorie, mobili per ufficio ed è presidente dell'European Panel Federation, torna a parlare della battaglia legale contro la Germania avviata dal Gruppo Fantoni, Frati, Saib, Saviola, Arper, Panguaneta e dall’azienda belga Frati, Saib, Saviola, Arper e Panguaneta dopo la decisione tedesca che ha abbassato in modo unilaterale i limiti di emissione di formaldeide nei pannelli in truciolato e fibra di legno e di fatto si configurano come barriere tariffarie, dazi occulti.
“Inizialmente abbiamo fatto appello alla Commissione Europea sottolineando l’asimmetria che si era determinata in Germania ma abbiamo capito che il guardiano del mercato non è disposto a intervenire direttamente perché è alle prese con un enorme numero di casi di introduzione unilaterale di limiti normativi e tecnici che hanno come protagonisti soprattutto Paesi del Centro Europa e ha chiesto alle aziende interessate di andare in giudizio. Così l’ abbiamo avviato, con il coordinamento operativo da FederlegnoArredo, davanti al tribunale di Colonia perché la legislazione tedesca non riconosce la titolarità e l’interesse diretto di associazioni o federazioni di categoria”.
E sul tema - ricordiamo - è arrivata anche la risposta del Commissario europeo per il mercato interno Thierry Breton a due interrogazioni promosse da numerosi parlamentari europei di diverse nazioni, “proprio il il giorno in cui noi ci siamo rivolti al tribunale tedesco, anche se le due cose in realtà non sono direttamente correlate. Breton ha riconfermato la posizione che per molti aspetti ci soddisfa: la procedura avviata in Germania è illegale, nulla ed è motivo di infrazione”.
“Il nostro obiettivo è più importante, infatti non abbiamo chiesto danni e non abbiamo esercitato l'opzione di bloccare immediatamente ila normativa tedesca entrata in vigore il primo gennaio scorso - precisa Fantoni - vogliamo soprattutto riaffermare un principio per cui in un mercato europeo non possono esserci prese di posizione nazionali che diventano un problema non solo per i produttori di pannelli ma per tutta l’industria del mobile italiana. Privilegiare logiche domestiche penalizza un'industria esportatrice, internazionale, che investe in ricerca e innovazione ed è all’avanguardia, tanto da aver subito adeguato la produzione alle nuove regole tedesche per poter continuare a esportare. Lo abbiamo fatto anche due anni per un nuovo standard introdotto nel Nord America. Non solo un problema di mercato, noi siamo anche assolutamente per la salvaguardia dell'ambiente e della salute e le nostre aziende lo dimostrano con i fatti”.
L’industria dei pannelli vale circa 1,8 miliardi di euro con l’export che pesa circa il 15% e la produzione annua nelle varie tipologie è di circa 4 milioni di metri cubi e “l’eccellenza del made in Italy è legata al fatto che siamo stati i primi, i più bravi, quelli che hanno raggiunto i livelli qualitativi maggiori nell’impiego del legno di riciclo nella produzione di pannelli truciolari - sottolinea il presidente dell’European Panel Federation -. Il 96% della produzione nazionale è fatta con legno di riciclo e stiamo mutuando tecnologie e competenze perché anche il pannello Mdf sia realizzato con quote sempre maggiori di legno di riciclo. In questo l’Italia è leader e ha sviluppato non solo la produzione ma anche le tecnologie, i macchinari, i processi con una filiera di aziende che ha realizzato un know how venduto in tutto il mondo. Risultato: produttori tedeschi, francesi, belghe e spagnole stanno inseguendo l’Italia, copiano quello che noi facciamo. Siamo un modello”.
“In Italia abbiamo sistema di raccolta del legno unico attraverso Conai. A metà degli anni Novanta l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi aveva avuto la lungimiranza di introdurre questi sistemi. C’è un’infrastruttura nella raccolta del legno a livello territoriale che i nostri colleghi in molti Paesi non hanno e senza di quello non esiste un sistema efficiente di raccolta che alimenta l’economia circolare. E se si parla di green deal europeo è chiaro che tutta una serie di settori industriali dovranno sempre di più immaginare che le loro filiere prevedano anche la fine del ciclo del prodotto mettendo assieme sistema industriale e amministrativo che coordini e indirizzi una politica con al centro il legno come una materia prima ideale”.
“Lo stiamo dimostrando preservando eticamente e socialmente, da un lato la capacità termica finale del legno ma in prima battuta privilegiando la costituzione del valore aggiunto attraverso il riuso e il riciclo lasciando per per ultima la valorizzazione termica. Cosa che in molti Paesi non è poi così scontata visto che lasciano mano libera al mercato usando tronchi interi per produrre solo energia. L’ obiettivo di tutta la filiera che è di avere un fit anche per i prodotti in legno così come avviene per gli elettrodomestici. Ci sono in definizione protocolli per gestire il fine vita del prodotto e la raccolta evitando che vadano in discarica”.
“Prima di investire nel legno come combustibile si potrebbe fare qualcosa di importante e green ad esempio in un settore parallelo al nostro: quello delle case e dei palazzi in legno - conclude Paolo Fantoni, toccando un tema di grande attualità, quello dell’edilizia in legno il cui sviluppo è penalizzato dalla mancanza di regole comuni europee e quindi di una visione di crescita armonica.
“Non esiste un campione europeo del settore perché ogni Paese ha leggi e regolamenti per la misurazione della resistenza al fuoco che sono totalmente nazionali e addirittura locali. Questo ha fatto venir meno la possibilità che tutte le aziende medie e piccole del settore si siano potute dotare di certificazioni e di prodotti in grado di assecondare le esigenze dei singoli mercati. Sarebbe grave se questo avvenisse per l’industria del mobile a discapito di Pmi e grandi aziende, verrebbe meno la liberalizzazione di un mercato che fino ad oggi c’è stata.
Ci sarebbe nanismo industriale e impossibilità di raggiungere economie di scala che rendono efficienti le produzioni. Invece la crescita ha bisogno di logiche di libero mercato e libera circolazione dei prodotti nei Paesi dell’Unione Europea”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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