La Fed non tirerà il freno nonostante l'inflazione

Powell: "Ci sono troppi disoccupati negli Usa". E l'Opec aumenterà la produzione di greggio

La Fed non tirerà il freno nonostante l'inflazione

Fed e Opec fanno respirare gli investitori. Nonostante le buone notizie, le Bose europee hanno chiuso la seduta all'insegna dell'incertezza. Piazza Affari ha registrato un leggero rialzo (+0,1%), mentre Francoforte e Parigi hanno terminato la giornata invariate e Londra e Madrid sono scese rispettivamente dello 0,45 e dello 0,3%.

Più in dettaglio, la banca centrale Usa ha tranquillizzato i mercati: nonostante l'aumento dell'inflazione (+5,4% su base annua a giugno, ai massimi dal 2008) e dei prezzi alla produzione (+7,3%, sui livelli record dal 2010, +5,5% il dato core), il tapering è ancora lontano. Non è ancora arrivato quindi il momento di chiudere i rubinetti attraverso cui la Fed garantisce un costante flusso di dollari vero all'economia reale con l'acquisto, ogni mese, di 80 miliardi di titoli di Stato e 40 miliardi di mutui garantiti. Pesano infatti le perduranti incertezze sul mercato del lavoro con il tasso di disoccupazione che a giugno si attestava al 5,9% (dal 14,8% del picco pandemico). Lo ha ribadito ieri il presidente della Fed, Jerome Powell, nel corso della presentazione del rapporto semestrale sulla politica monetaria alla commissione dei Servizi finanziari della Camera. «Le condizioni del mercato del lavoro hanno continuato a migliorare, ma la strada da percorrere è ancora lunga», ha commentato Powell, definendo poi la fiammata inflattiva come «transitoria» per quanto destinata a durare ancora qualche tempo prima di raffreddarsi. Powell ha poi confermato che «le politiche monetarie espansive rimarranno in vigore finché la ripresa non potrà dirsi completa».

Sempre ieri l'Opec+ ha raggiunto l'agognato compromesso sulla produzione di greggio dopo settimane di stallo che avevano spedito alle stelle i prezzi dell'oro nero. Lo hanno riferito fonti interne all'organizzazione. Un anno fa, con l'esplosione del Covid-19, i Paesi produttori avevano tagliato di 9,7 milioni di barili al giorno (pari, all'epoca, al 10% della domanda) per poi attestarsi intorno ai 5,8 milioni di barili al giorno in meno. Con i miglioramenti sul fronte pandemico, la domanda di greggio è accelerata. Proprio per questo motivo, per settimane, i Paesi produttori sono stati in trattative serrate fino alla spaccatura tra Arabia Saudita e Russia da un lato ed Emirati Arabi Uniti dall'altro.

Ieri, infine, Abu Dhabi ha acconsentito a un aumento della produzione condizionato all'estensione dell'accordo a dicembre 2022 (dalla previsione iniziale di aprile), in cambio di una revisione della sua quota di produzione (che, da aprile, sarà a 3,65 milioni di barili al giorno, meno dei 3,8 milioni richiesti ma più degli attuali 3,168 milioni). Il compromesso dovrebbe essere ratificato in un prossimo incontro.

Fin da subito, comunque, i prezzi del greggio hanno iniziato a scendere con il Wti che, alle 19.30, era scambiato a 73,61 dollari a barile (dai 75,25 dollari della vigilia) e il Brent a 74,08 dollari a barile (da 76,49).

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