Ferrarini, Pini e Amco migliorano l'offerta

Privilegiati rimborsati al 100% e chirografari al 33%. No a delocalizzazione

Ferrarini, Pini e Amco migliorano l'offerta

Amco e il gruppo Pini tornano alla carica su Ferrarini, la storica azienda reggiana di prosciutti in concordato preventivo. La cordata ha depositato la nuova proposta di salvatggio, dopo quella dei primi di agosto. Solo il primo atto di una lunga sfida tra le due cordate in campo che non esclude rilanci e colpi di scena.

Guardando alla nuova proposta appoggiata dalla famiglia Ferrarini, è confermato il ruolo da protagonista della banca del Mef, guidata da Marina Natale, che metterà a disposizione nuova finanza per 12 milioni ed entrerà nel capitale del veicolo di investimento (Rilancio Industrie Agroalimentari) con una quota del 20% sostituendo con azioni i crediti (pubblici) vantati verso le società lussemburghesi azioniste di Ferrarini. La nuova società porterà "le risorse finanziarie necessarie per un aumento di capitale minimo di 10 milioni" e, una volta eseguito il piano, ha assunto l'impegno, se necessario, di "sottoscrivere e versare un maggior aumento, non superiore a 20 milioni.

Verranno assicurate le migliori "condizioni per il rilancio dell'impresa, salvaguardati i livelli occupazionali, evitate ricadute negative sull'indotto e soddisfatti integralmente i creditori privilegiati e in prededuzione, e al 33% i creditori chirografari". Un passo in avanti rispetto al 10-17,5% precedentemente garantito in un arco di tempo tra i 3 e i 5 anni. E che tenta di scacciare le nubi attestatasi sulla solidità del gruppo Pini, gravato da un complesso profilo economico-giudiziario, nonché sul rischio (che oggi sembrerebbe escluso) che la produzione possa essere delocalizzata in Spagna. La Pini Holding realizzerà il nuovo impianto produttivo con un investimento di 30 milioni circa, che sostituirà quello di Rivaltella e sarà ubicato nel reggiano. Prevista anche la vendita dello stabilimento in Polonia di Ferrarini con la produzione che tornerà in Italia. Sui tempi però nessun dettaglio trapela. Mentre, nel precedente piano, si parlava di 5 anni per la costruzione del nuovo impianto.

In attesa di maggiori dettagli si tenta di fare chiarezza sul ruolo di Amco, osteggiato dall'opposizione. Dall'altra parte della barricata c è la proposta dalla cordata guidata dal gruppo modenese Bonterre, con Opas, Hp, Intesa e Unicredit appoggiata dalla filiera agroalimentare.

Una sfida dal forte sapore politico che ieri ha visto

schierarsi con Bonterre il senatore del Pd Mino Taricco, e Italia Viva che ha chiesto che Conte convochi i vertici di Amco per fare chiarezza. La Coldiretti, da parte sua, starebbe inoltre preparando una interpellanza sul tema.

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