«La Fiom ci ha impedito di lavorare alla Marelli»

La denuncia di due operai Cisl: «Il sindacato rosso manipola la verità, picchetti da anni '70»

Elisa Serafini

«Non passeremo più tempo con i nostri figli!», «Siamo stati derubati della nostra vita». Così veniva raccontata la protesta degli operai Magneti Marelli che si opponevano alla decisione dell'azienda di riorganizzare i turni dei dipendenti, includendo il sabato. Una decisione che causò uno sciopero generale a cui aderì il 100% dei dipendenti: 400 persone, padri di famiglia, preoccupati per il futuro. Ma qualcosa non tornava. Possibile che un semplice cambiamento di turni avesse scosso gli animi di 400 lavoratori? Due dipendenti di Magneti Marelli: Massimo Mazzeo e Salvatore Parlato entrambi delegati sindacali (Cisl) hanno scelto di raccontare la loro verità.

Mazzeo, Parlato: il 100% di adesione a uno sciopero sembra stabilire una sola verità: tutti contro l'azienda?

«Non è così. Sui giornali è uscito che tutti avremmo aderito allo sciopero. In realtà lo sciopero è stato proclamato dalla sola Fiom. Molti lavoratori come noi volevano entrare nello stabilimento e non sono stati fatti entrare. Abbiamo visto persone con le lacrime agli occhi che chiedevano solo di poter fare il proprio lavoro. La Fiom ha chiamato anche delegati di altre aziende per difendere i picchetti. Un clima da anni '70».

Nessuno è intervenuto a tutela di chi voleva entrare nello stabilimento?

«Purtroppo no. Nonostante la presenza dei carabinieri non è stato mosso un dito, ed è questa la cosa più grave: non è stato garantito ai lavoratori il diritto di entrare a lavorare. Per questo motivo abbiamo chiesto di intervenire per vie legali».

Eppure la Fiom si proclama democratica.

«Ma questa non è democrazia. È usurpazione».

Perché non siete riusciti a raccontare la vostra versione?

«Nonostante ci occupiamo da anni dei diritti dei lavoratori leggiamo sui media quasi solo le dichiarazioni della Fiom e, spesso, le loro manipolazioni».

Raccontateci la vostra versione

«L'azienda ci ha comunicato che era necessario produrre 1 milione di pezzi in più. Avevamo due strade: farli noi, o assegnare la commessa ad altri stabilimenti, magari all'estero. Per questo abbiamo accettato la modifica dei turni, chiedendo all'azienda di associare al cambiamento, un piano di investimenti e di nuove assunzioni».

L'avete ottenuto?

«Sì, abbiamo ottenuto: 7,1 milioni di investimenti e 24 nuove assunzioni del personale somministrato. Siamo stati anche in grado di concordare gli orari dei turni e apportare alcune modifiche. Il sindacato non può che dire di sì in queste situazioni. Il nostro ruolo è permettere ai lavoratori di avere un futuro, una garanzia, una prospettiva».

Eppure la storia dei padri di famiglia senza tempo da passare con i figli sembrava convincente.

«È una manipolazione. Come quando hanno detto che l'azienda voleva chiudere proprio poco dopo il terremoto del 2012. Ma in quel periodo c'erano troppe scosse, e la volontà fu quella di spostare una linea di produzione in un posto più sicuro: non potevamo entrare in fabbrica, era troppo pericoloso».

E le donne?

«Anche in questo caso c'è stata una grande strumentalizzazione: le donne coinvolte sono poche, la maggior parte lavora in linee di produzione che nemmeno sono interessate da questo cambiamento. Una dipendente addirittura si lamentava sui giornali, ma lei fa il part-time e non è coinvolta in questo cambiamento. Le 18 donne coinvolte sono per la maggior parte interinali, che quindi verranno assunte per compensare il disagio».

Ma perché strumentalizzare in questo modo la vicenda?

«Secondo noi è in atto una mistificazione dei fatti per puro scopo politico».

Quale deve essere il ruolo dello sciopero per un sindacato?

«Lo sciopero deve essere sempre l'ultima strada. Bisogna prima provare a percorrere tutte le strade della concertazione e portare dei risultati a casa. A volte non si riesce, ma spesso sì».

Gli scioperi continuano?

«Purtroppo la Fiom bloccherà oggi e domani per alcune ore lo stabilimento per protestare nuovamente. Noi proveremo ad entrare per lavorare, e speriamo che non ci saranno altri problemi».

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