
L'Italia rallenta, e con lei buona parte dell'economia mondiale. Il Fondo Monetario Internazionale, nell'ultimo World Economic Outlook pubblicato ieri, ha rivisto al ribasso le stime di crescita per il nostro Paese: nel 2025 il Pil aumenterà solo dello 0,4%, cioè 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio (+0,7%). Per il 2026, la stima si ferma a +0,8% (-0,1 punti). Parallelamente, il debito salirà al 137,2% del Pil nel 2025 e al 138,4% nel 2026, in netto peggioramento rispetto al 135,2% del 2024. Il deficit, invece, scenderà al 2,8% l'anno prossimo, con la disoccupazione al 6,7 per cento.
Dietro il raffreddamento globale c'è la guerra commerciale innescata dagli Stati Uniti. I nuovi dazi imposti dall'amministrazione Trump sospesi solo temporaneamente per 90 giorni pesano su mercati e prospettive. Un allarme chiaro, che arriva da Washington e chiama in causa la politica internazionale. «Il sistema che ha governato per 80 anni è soggetto a un riassetto», ha dichiarato il direttore generale del Fmi Kristalina Georgieva. «Stiamo entrando in una nuova era. C'è bisogno di un sistema commerciale chiaro e prevedibile, che affronti le lacune nelle regole internazionali», ha aggiunto.
«Una escalation delle tariffe potrebbe causare un ulteriore rallentamento della crescita», ha ammonito il capo economista del Fondo Pierre-Olivier Gourinchas, difendendo la politica attendista della Fed. «La banca centrale fa bene a mantenere i tassi fermi e valutare l'impatto delle misure protezionistiche», ha aggiunto. Dello stesso avviso la presidente della Bce Christine Lagarde. «Ho un immenso rispetto per il lavoro di Jerome Powell, per la sua lealtà e disciplina», ha detto. E su un'eventuale rimozione del numero uno della Fed da parte di Trump è stata netta. «Mi auguro che non accada», ha aggiunto.
Secondo il Fondo, i rischi per la stabilità globale sono «significativamente aumentati», a causa delle tensioni geopolitiche, della stretta monetaria e dell'incertezza commerciale». Il Global Financial Stability Report pubblicato in parallelo avverte che «le possibilità di una correzione dei prezzi delle attività sono in aumento», così come le «tensioni nei mercati obbligazionari sovrani fondamentali».
L'eurozona non è immune: il Pil crescerà dello 0,8% nel 2025 (contro il +1% previsto a gennaio), per poi risalire a +1,2% nel 2026. La crescente incertezza e i dazi sono i principali fattori della crescita contenuta, avverte il rapporto. Germania a crescita zero nel 2025, e Francia a +0,6% e Regno Unito rivisto al ribasso. Il Pil cinese, dopo un exploit del +5,4% nel primo trimestre attribuito a consegne accelerate prima dell'entrata in vigore dei dazi rallenterà al 4% sia nel 2025 sia nel 2026.
Anche gli Stati Uniti fanno i conti con gli effetti della guerra commerciale. Il Fmi ha tagliato la crescita all'1,8% nel 2025 (-0,9 punti), e all'1,7% nel 2026. «I rischi di recessione sono significativamente aumentati», si legge nel rapporto del Fondo.
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