Più utili e più dividendi per Generali che ieri ha presentato la strategia 2022-2024 e ha rivendicato i risultati conseguiti dall'ad Philippe Donnet, alla guida del gruppo dal 2016 e per il cui rinnovo si è aperta una guerra tra i soci. L'accoglienza del mercato al piano è stata tiepida. Almeno per ora: il titolo, che forse già incorporava nei livelli di negoziazione alcune stime dei broker molto vicine ai target del piano, ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,2% a 18,5 euro. Una performance lontana da quella realizzata solo una settimana fa, nel corso dell'investor day, da Unicredit (+10,8%). «Il mercato sta dando un primo commento al piano di Generali», sussurrano fonti vicine al patto che lega Fondazione Crt, Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone (complessivamente al 15,67% del capitale) e che chiede, in vista della scadenza del board il prossimo aprile, un ricambio al vertice delle Generali.
Con «Lifetime Partner 24: Driving Growth», Generali si propone di rafforzare il ramo Danni (con una crescita media annua della raccolta nelle polizze non auto superiore al 4%); sviluppare una nuova produzione Vita di 2,3-2,5 miliardi al 2024; migliorare l'efficienza del gruppo grazie all'innovazione; aumentare la presa sull'asset management, divenendo un operatore globale e consolidare la leadership del gruppo in Europa e la sua presenza nei mercati ad alta crescita. A livello di investimenti il piano destina 1,1 miliardi alla trasformazione digitale (+60% rispetto al piano al 2021), 500-700 milioni alla crescita interna e 2,5-3 miliardi per lo shopping (dai 4 miliardi a budget nella strategia precedente). «Un piano che si fonda sull'M&A non è un piano. Saremo prudenti, ma allo stesso tempo opportunisti e proattivi. Le opportunità, ad esempio Cattolica, vanno colte ma anche sapute creare, come con il dossier La Medicale», ha ribadito Donnet a chi gli chiedeva dell'M&A, ritenuto fin troppo prudente dai pattisti. Quanto ai possibili target l'ad del Leone non si è sbilanciato, ricordando i principi che hanno guidato la sua strategia: disciplina finanziaria, gestione del rischio di esecuzione, creazione di valore per gli stakeholder e integrazione dell'operazione nella strategia del gruppo per business e aree geografiche.
Le azioni previste permetteranno al big triestino di registrare una crescita media annua degli utili per azione compresa tra il 6 e l'8% e di avere flussi di cassa netta disponibile per 8,5 miliardi. Su queste basi Generali punta a distribuire cedole cumulative per 5,2- 5,6 miliardi (dai 4,5 miliardi del triennio precedente). La compagnia assicurativa ha poi annunciato un piano di riacquisto di azioni proprie da 500 milioni.
Per gli analisti - da Citi a Kepler Cheuvreux fino a Bofa Global Securities - i target sono ambiziosi, migliori delle stime. Ora toccherà al mercato decidere se appoggiare le prospettive delineate ieri da Donnet, come voluto da Mediobanca (al 17,24% dei diritti di voto di Generali) e DeAgostini (che, pur essendo in uscita, manterrà i diritti di voto sull'1,4% del capitale fino all'assemblea), o seguire i pattisti, il cui piano è atteso per gennaio.
La partita è incandescente e si sta
trasformando in un caso di scuola per il Paese: dopo Bloomberg, ieri è sceso in campo anche l'Ft per spiegare ai fondi internazionali (che hanno in mano il 33% del capitale di Trieste) vicende e protagonisti di Piazza Affari.
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