Se n'è andato l'ultimo «leone della Borsa». Giampietro Nattino, 89 anni, è scomparso ieri a Roma. Era presidente onorario di Banca Finnat, il gruppo finanziario fondato nel 1898 dal nonno Pietro, uno dei primi agenti di cambio a operare nella capitale, e via via ingrandito dagli eredi, a partire dal padre di Giampietro, Arturo, che fondò Finnat gareggiando dalla piazza romana con i big degli operatori di Borsa Italiana come Albertini a Milano o Giubergia a Torino. Erano altri tempi, quelli di un'Italia che usciva con le ossa rotte dalla guerra e che aveva voglia di ricostruire. E lo faceva con uno spirito di serietà e abnegazione che ai Nattino fu infuso dalle radici alessandrine (Gavi, per la precisione).
Raccontare cosa Nattino abbia rappresentato per la finanza italiana non è semplice. In primo luogo, per la tradizionale riservatezza di un certo modo di fare finanza e private banking (che in Italia si è sempre sintetizzato nell'austera figura di Enrico Cuccia) e, in secondo luogo, perché i Nattino appartengono a un concetto diverso di romanità, molto silenzioso e altrettanto operoso. Basti pensare che la sede di Banca Finnat è nell'austero Palazzo Altieri (porta a fianco all'Abi), un edificio singolarmente barocco, poco attraente dall'esterno quanto vivido di affreschi e dipinti nelle sale interne, vero simbolo del potere papale. E al Vaticano Banca Finnat ha sempre guardato in quanto i Nattino hanno guadagnato la fiducia di Oltretevere. Lo Ior, i Morgan di New York così come gli istituti di diritto pubblico (San Paolo, Mps, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) furono decisivi per allargare Finnat anche al corporate & investment banking attraverso Euramerica. Il legame con il Banco di Sicilia, oltreché con la Santa Sede, fu quello che durò più a lungo e che, per via della successiva incorporazione, avvicinò Nattino anche a un power broker come Cesare Geronzi, dominus della Banca di Roma.
L'importanza di Nattino nel quadro della finanza italiana la si può desumere sia dagli incarichi ricoperti che dal parterre azionario di Finnat. Il banchiere è stato presidente di Unim, Pirelli Cavi & Sistemi e Sodali oltreché consigliere, tra l'altro, di Pirelli Re, Ina, Generali Sgr, Fideuram, Cattolica, Buitoni e Lse. Banca Finnat, delistata nel 2022, vede tuttora tra i suoi azionisti Lupo Rattazzi (che ne è vicepresidente), Giovanni Malagò, la famiglia Mondello e i Manuli (la banca romana ha il 9,9% di Hedge Invest). Allo stesso modo, Nattino è stato tra i top banker di riferimento sia per Francesco Gaetano Caltagirone che per Pietro Salini.
Nel 2023 il gruppo, guidato dall'ad Arturo Nattino (figlio di Giampietro), ha totalizzato oltre
17,5 miliardi di raccolta (anche grazie ai fondi real estate di InvestiRe), un margine di intermediazione di 84,8 milioni e un utile netto di 13,2 milioni. Segno che, dopo 125 anni, la dinastia è destinata a non estinguersi.
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