Le giravolte del M5s e Di Maio sullo strappo di ArcelorMittal

La soppressione dello scudo fiscale per i vertici dell'ArcelorMittal voluta dal Movimento 5 Stelle ha messo l'azienda con le spalle al muro

Le giravolte del M5s e Di Maio sullo strappo di ArcelorMittal
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Il Movimento 5 Stelle e Luigi Di Maio hanno creato le basi per far scappare ArcelorMittal dall’Italia. Adesso il governo prova a ricucire lo strappo, ma la situazione resta complicata.

Il colosso dell’acciaio ha infatti deciso di riconsegnare l’ex Ilva di Taranto allo Stato "entro 30 giorni". Stretto all’angolo, l’esecutivo giallorosso è adesso a lavoro per evitare di subire quello che sarebbe un clamoroso contraccolpo elettorale. Ma come si è arrivati fino a questo punto?

Qualche mese fa ArcelorMittal ricevette rassicurazioni dal governo su un nuovo provvedimento per ripristinare l’immunità ambientale per lo stabilimento di Taranto. L’apertura aveva fatto piacere al direttore finanziario del gruppo, Aditya Mittal, che arrivò a dichiarare che “il governo è stato molto costruttivo con noi” e che “sta lavorando a una nuova legge che ripristini l’immunità”. Sembrava che prima dell’inizio dello scorso settembre il provvedimento potesse diventare legge, invece niente di tutto questo è accaduto.

Il Mise smentì categoricamente il fatto che vi fosse allo studio “un provvedimento per ripristinare l'immunità per l'ex Ilva di Taranto". Il messaggio recapitato ad ArcelorMittal fu chiarissimo: “Non esisterà più alcun scudo penale per i morti sul lavoro e per i disastri ambientali”. La risposta della società non tardò ad arrivare: “Siamo fiduciosi che si troverà una soluzione. Chiediamo la tutela giuridica per continuare ad attuare il nostro piano ambientale”.

Le giravolte del Movimento 5 Stelle

Passa qualche mese e il Movimento 5 Stelle effettua una nuova giravolta, l’ennesimo scossone all’interno di una vicenda paradossale. Lo scudo penale per i vertici dell’ArcelorMittal dell’ex Ilva viene soppresso, nonostante il gruppo avesse intrapreso un percorso in accordo con l’allora ministro allo Sviluppo economico Luigi Di Maio. E così, a metà ottobre, le commissioni Industria e Lavoro del Senato approvano l’emendamento del Movimento 5 Stelle che sopprime l’articolo 14 contenuto nel Dl "salva imprese". Proprio quello che fa venir meno le tutele legali per i manager dell’ex Ilva.

Durissima la risposta della Lega, che per bocca del deputato Edoardo Rixi ha sottolineato come “con il dietrofront fatto ieri, la nuova maggioranza Pd-Renzi-Leu-M5S ha sostanzialmente condannato alla perdita del proprio posto di lavoro circa 5 mila dipendenti, stoppata l'ambientalizzazione di Taranto con la chiusura dell'altoforno”. L’ombra di un possibile disastro è grande: “Il risanamento del sito pugliese – prosegue Rixi - sarebbe insostenibile per la finanzia pubblica e il rischio ambientale, lasciando i lavori di ambientalizzazione incompleti, sarebbe enorme”.

Il resto è storia attuale, attualissima.

Il Movimento 5 Stelle ha tirato troppo la corda, e adesso è ArcelorMittal che ha deciso di strapparla in un colpo solo. Senza lo scudo giuridico per i reati compiuti prima dell’arrivo della società, quest’ultima ha visto preclusa la possibilità di attuare il proprio piano industriale. Il pasticcio è completo.

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