Cosa insegna lo schianto di Alitalia

Dispiace che l'Italia abbia perso la sua compagnia di bandiera

Cosa insegna lo schianto di Alitalia
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Il recente via libera dell'Unione europea alla fusione Ita Lufthansa a traino tedesco non deve farci cadere nella tentazione di rimuovere i motivi che hanno determinato la fine ingloriosa della storia di Alitalia, una delle rappresentazioni meno edificanti dell'italica imprenditoria. Quella che si crede di grandi dimensioni. L'emblema della cattiva gestione, dello spreco di denaro pubblico, della commistione, sempre infelice, tra politica e affari. Con la partecipazione dei maggiori brand bancari. Per non dire della miopia di un certo sindacalismo che, incurante dell'evidenza, ha proseguito a curare unicamente le proprie convinzioni a danno della collettività. Per il contribuente Alitalia è stata solo garanzia di drenaggio del proprio denaro. Perché, più si susseguivano annunci di risanamento, strategiche alleanze, ricerche di scorciatoie spacciate per intuizioni virtuose e più si allargava la voragine del debito. I piani di risanamento mai hanno fornito anche solo timidi risultati.

Al contrario è stato un progressivo depauperamento della compagnia di bandiera. Ecco perché ora sarebbe inopportuno far nostro il metodo della rimozione. Assai più utile, invece, far memoria di quel che è stato. Ad esempio, ricordare il tentativo di Silvio Berlusconi di promuovere con la mossa dei «capitani coraggiosi» una vera privatizzazione della compagnia. L'idea era ottima, purtroppo il grande imprenditore dovette fare i conti con la debolezza strutturale di un certo management italiano.

E la storica idiosincrasia del Paese verso le vere privatizzazioni. Adesso che siamo alla fine di quella storia, pur prendendone atto con un senso di liberazione, trovo non sia sbagliato dispiacersi che l'Italia non disponga più della sua compagnia di bandiera.

www.pompeolocatelli.it

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