Ilva, lo Stato paga ancora ma per restare in minoranza

Ok a proroga di due anni. Arcelor Mittal resta al 60%, comanderà, però non mette mano al portafoglio

Ilva, lo Stato paga ancora ma per restare in minoranza

Lo Stato non salirà al 60% dell'ex Ilva, se non tra due anni, ma sarà l'unico azionista a «metterci i soldi» per tenere in vita il polo siderurgico di Taranto.

È questo, in sintesi, il senso della proroga a due anni formalizzata ieri da Acciaierie d'Italia, la società che gestisce l'ex Ilva e di cui sono azionisti Invitalia (al 38%) e Arcelor Mittal (al 60%).

Nello studio milanese del notaio Marchetti gli azionisti hanno confermato anche l'assetto di governance con Franco Bernabè presidente del Cda e Lucia Morselli Ad. Come anticipato dal Giornale, le parti hanno scelto la «proroga lunga» che coincide con l'Aia (autorizzazione integrata ambientale) per i progetti ambientali. Sul fronte finanziario, però, il dossier è scoppiato in mano al governo e, di fatto, questo ennesimo rinvio costerà molto agli italiani. Se è vero che Invitalia (soggetto pubblico) non farà l'aumento da 680 milioni preventivato per salire nel capitale sociale di Acciaierie d'Italia, d'altra parte tutti i capitali futuri per proseguire la produzione secondo i target 2022 (5,7 milioni di tonnellate) saranno ancora una volta pubblici: secondo indiscrezioni «Arcelor Mittal non ci metterà un euro e il governo sta operando su due fronti. Da una parte sta cercando di formalizzare con Sace (soggetto pubblico) un finanziamento da circa 800 milioni e dall'altro sta trattando con Unicredit un prestito da 450 milioni». In entrambi i casi, però, le prospettive sono tutt'altro che rosee. «Sace già una volta - spiega una fonte - ha bocciato una linea di credito chiesta da Ilva e pare che in casa Unicredit ci sia una forte spaccatura sulla fattibilità di quest'operazione, non priva di rischi».

A questo proposto ieri Lucia Morselli, amministratore delegato di Acciaierie d'Italia, a margine della firma a Milano dell'accordo che rimanda di due anni la salita dello Stato dal 38% al 60% in Acciaierie d'Italia, si è limitata a dire che «ci sono dei finanziamenti già deliberati, che l'aver firmato questo accordo, semplificherà molto». Morselli ha spiegato che si tratta di «finanziamenti con copertura Sace».

«Che i prestiti Sace vadano in porto o meno una cosa è certa commenta una fonte vicina alla vicenda a esporsi finanziariamente sarà lo Stato lasciando però ad Arcelor un ruolo di comando e decisionale».

E per i sindacati è difficile mandare giù il boccone di un annuncio arrivato al buio dopo aver da tempo sollecitato un incontro al Mise. Fim, Fiom, Uilm e Uglm richiedono a gran voce una convocazione e si preparano alla mobilitazione: il 15 giugno i leader sindacali Roberto Benaglia, Rocco Palombella, Michele De Palma saranno a Taranto per partecipare al Consiglio di fabbrica convocato per quella data.

A completare il quadro, la notizia che proprio ieri la Corte d'Assise di Taranto ha respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell'area a caldo dello stabilimento Acciaierie d'Italia (ex Ilva) presentata all'inizio di aprile dai legali dei

commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria. Ai fini aziendali non cambia molto, si tratta solo di una clausola essenziale (quella del dissequestro) per l'efficacia del contratto prorogato proprio ieri dalle parti.

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