Inflazione in calo, ma poco: non basterà a frenare la Bce

Bankitalia: "Andrà al 6,4% in 12 mesi". Ma ora c'è il sospetto che gli aumenti dei listini siano ingiustificati

Inflazione in calo, ma poco: non basterà a frenare la Bce

Posto che le previsioni sull'inflazione sono come quelle meteorologiche, anche Bankitalia non si sottrae alla tentazione di raccontarci che tempo farà sui prezzi. A giudicare da quel 6,4% sui prossimi 12 mesi (sulle stime dai due ai cinque anni non ci soffermiamo, non volendo scomodare Keynes) indicato da un rapporto pubblicato ieri, sono in arrivo altri piovaschi dal fronte (già perturbato) Bce. La mossa a sorpresa con cui l'Opec+ ha tagliato la produzione di oltre un milione di barili di petrolio ha infatti tolto dalla formalina i falchi dell'istituto, con l'austriaco Robert Holzmann a sollecitare per maggio un altro giro di vite ai tassi di mezzo punto. Con buona pace di chiede prudenza e misura nelle decisioni di politica monetaria.

Ormai derubricate a fastidioso rumore di fondo le turbolenze bancarie che hanno sbriciolato il Credit Suisse e scosso la fiducia di correntisti e investitori, l'Eurotower è tornata a concentrarsi sul surriscaldamento dei prezzi. Anche se nell'eurozona la corsa dell'inflazione non ha più lo scatto alla Marcell Jacobs di qualche mese fa (in marzo è scesa al 6,9% dall'8,5% di febbraio), la parte «core», cioè al netto di energia e alimentari, mette in mostra un preoccupante (per Francoforte) +5,6%. Il punto - cruciale - è però un altro. Sollevato, in modo quasi incidentale, dall'istituto centrale guidato da Ignazio Visco. «Nell'ultimo anno i prezzi praticati dalle imprese - afferma il rapporto - hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti ma, per la prima volta dalla fine del 2020, rallenterebbero nei prossimi 12 mesi». Bankitalia non lo dice, ma c'è il fondato sospetto che le fiammate inflazionistiche siano state generate per gran parte dalla decisione delle aziende di aumentare i prezzi in modo ingiustificato. Un po' come accaduto in occasione del change over, il passaggio dalla lira all'euro. Perfino Madame Bce, cioè Christine Lagarde, ha di recente messo il dito sulla piaga: «I salari reali sono diminuiti notevolmente, mentre i margini di profitto sono aumentati in molti settori». Con tanti saluti alla narrazione sulla temuta (dalla stessa Bce) spirale prezzi-salari.

Del resto, dai numeri arriva un distillato di verità: all'interno di Eurolandia gli utili sono stati in marzo pari all'8,5% dei ricavi, contro il 7,2% del periodo pre-pandemico, mentre secondo Refinitiv nel 2022 le aziende di beni di consumo (Stellantis compresa) hanno aumentato i margini operativi (il saldo tra fatturato e costi di produttivi) del 10,7%. Insomma: con la scusa dell'inflazione qualcuno ci marcia, nonostante nella sola Italia il potere d'acquisto sia calato di quasi il 4% e sulle buste paghe si sia accumulata la polvere di 30 anni.

Ipotizzare che una contrazione dei consumi induca le imprese a ritoccare verso il basso i propri listini suona un po' illusorio. Afferma Robert Reich, segretario del Lavoro durante la presidenza Clinton: «Le aziende hanno il potere di alzare i prezzi senza perdere clienti, perché devono affrontare una bassissima concorrenza».

Rischia inoltre di cadere nel vuoto anche l'invito rivolto ai governi da Fabio Panetta, componente il board dell'Eurotower, di prendere provvedimenti contro queste distorsioni, cioè di tassare i profitti realizzati sulle spalle dei consumatori.

Così, pur avendo individuato il problema, la Bce tirerà dritto: alti tassi ed elevata inflazione resteranno, a lungo, due scomodi compagni di viaggio per tutti.

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