L’agricoltura italiana regge ancora, ma chiama l’Europa. A parere dei massimi esponenti delle associazioni di categoria serve fare di più per superare una crisi difficile, dovuta al conflitto in Ucraina, a cui si può rispondere solo implementando le superfici lavorabili, diminuendo i costi dell’energia e soprattutto con provvedimenti ad hoc.
Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, ricorda che importiamo dalle nazioni interessate dal conflitto circa il 4% di grano tenero e il 18% di mais. Pur non essendo una percentuale così rilevante, è però indispensabile “che l’Europa crei le condizioni affinché l’agricoltura torni a essere sostenuta come in origine, ma contestualmente vengano implementate anche quelle che sono le superfici lavorabili. 200mila ettari in più per quanto riguarda il 2022 è un dato importante, ma ci auguriamo che possano essere protratti anche per i prossimi anni”.
Un grande lavoro, poi, dovrà essere fatto sulle aree abbandonate. “Corrispondono a circa 800mila ettari" – sottolinea il presidente dell’associazione di categoria - Allo stesso tempo fondamentale è un piano rispetto agli invasi affinché si possa portare l’acqua laddove non c’è. Solo così daremo alla filiera agroalimentare la possibilità sia di essere più autosufficiente, sia di aumentare le fasi di lavorazione e trasformazione. Questo vale per il mercato interno e per la capacità di esportazione dell’agroalimentare”.
Per tale ragione, è fondamentale che l’esecutivo guidato da Draghi svolga un ruolo da primo attore nel contesto europeo. “In tal modo – rimarca Prandini – si possono superare tutti gli scogli che ancora oggi esistono, in particolare per quanto concerne le condizioni per aumentare la nostra capacità produttiva. Tanti i veti che arrivano soprattutto da commissari del Nord Europa”.
Il paradosso, a suo parere, è che mentre tutti i continenti guardano ad aumentare le loro condizioni di capacità nella filiera agroalimentare, la scorsa settimana la Commissione europea ha varato una nuova disposizione per quanto riguarda le autorizzazioni di impatto ambientale che va a introdurre ulteriore burocrazia. “Ciò – evidenzia il numero uno di Coldiretti - si ripercuote in termini di costi di produzione, di oneri di carattere burocratico e in tanti casi mette le imprese nella condizione di cessare l’attività. É quello che non ci serve”.
Anche per Massimiliano Giansanti, presidente nazionale di Confagricoltura, è utile una strategia affinché in Italia piuttosto che in Europa si metta al centro dell’agenda politica il tema dell’autosufficienza alimentare: “Non se ne è parlato per troppi anni. La crisi in Ucraina, invece, dimostra quanto sia importante avere un settore primario forte. Dobbiamo lavorare sempre di più, rispettando le risorse naturali, ma allo stesso tempo cercando di spingere, riportando al centro una visione comune in Europa e ancora di più in Italia”.
Per fare ciò per il rappresentante di categoria è importante “da un lato agevolare investimenti in tecnologia, scienza e ricerca, dall’altro intervenire subito per evitare che l’inflazione alimentare possa essere un problema, a partire dai costi che le imprese sostengono come quelli energetici e relativi ai fertilizzanti”.
Il quadro, che viene fuori da un comunicato della Fao, è un incremento dei prezzi dei prodotti alimentari addirittura del 12,6% su febbraio. "Un dato che sta a significare che c’è forte tensione e speculazione sui mercati”. Dall’altro lato, ci sono appunto incrementi significativi dal punto di vista dell’energia, “del gasolio del 100% nell’arco di un mese e dei fertilizzanti del 30% rispetto a gennaio, ma del 100% rispetto allo scorso anno, del 170% sull’energia elettrica. Aspetti che mettono in ginocchio un intero comparto il quale che non può fermarsi”. Ecco perché secondo Giansanti occorrono misure urgenti da parte del governo, piuttosto che interventi di carattere europeo. “Quelli varati fino ad adesso – sottolinea – sono davvero modesti rispetto alle attese”.
Dino Scanavino, presidente Confederazione Italiana Agricoltori, rimarca come le maggiori conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina sono soprattutto quelle legate al mais, fondamentale per l’alimentazione degli animali. “Dobbiamo pensare al latte, al formaggio, alle uova e alla carne. Siamo impegnati ad aumentare le nostre semine. Abbiamo bisogno, però, che il provvedimento annunciato, si palesi nei prossimi giorni”.
Il riferimento è alla circolare di Acea che permette di svincolare i cosiddetti terreni a riposo. “Ci sono state fino a ora solo parole – continua - ma fino a quando non c’è una circolare, nessuno è disposto a rischiare perché perderebbe dei contributi. Serve fare presto, altrimenti sarà tardi”. Allo stesso tempo, il massimo esponente della Confederazione nazionale agricoltori chiede alle autorità di frenare ogni genere di speculazione. “Magazzini che non si svuotano e manovre poco chiare. I rincari dipendono anche da ciò, non solo per la quantità che scarseggia”.
Per quanto riguarda il grano duro, invece, Scanavino conferma come non dovrebbero esserci grossi problemi, neanche per l’autoapprovvigionamento nazionale. “Qualche difficoltà – sottolinea – al contrario ci sarà per l’export”. Diversa la situazione per quello tenero dove l’Italia, a suo parere è deficitaria. “I prezzi sono molto alti, ma siamo vicini al raccolto di giugno. Non dobbiamo, quindi, mollare”. Detto ciò, tale difficoltà, comunque, non sarebbe la causa di un possibile aumento del pane.
“Il grano tenero, incide per l’8% del valore di un chilo di pane e la farina il 12%. Non può essere, pertanto, questo il problema per il prezzo finale. C’è da ricercarlo, al contrario, nella filiera, dove qualcuno ha valore aggiunto eccessivo”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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