L'inflazione Usa "brucia". Fed a rischio maxi-stretta

Sale il pressing per un rialzo dei tassi di mezzo punto a marzo, poi altri 2 ritocchi

L'inflazione Usa "brucia". Fed a rischio  maxi-stretta

Il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, apre al primo aumento dei tassi da mezzo punto dal 2000 per far fronte alla volata dell'inflazione. In un'intervista all'agenzia Bloomberg, Bullard si dice favorevole a un aumento del costo del denaro da 50 punti base, così da far salire i tassi di 100 punti entro l'1 luglio.

L'iniziativa arriva dopo la diffusione dei dati di ieri sull'inflazione negli Usa: a gennaio ha segnato un aumento del 7,5%, portandosi ai massimi da febbraio 1982. Una galoppata destinata a proseguire nei prossimi mesi, quando i prezzi sono attesi registrare nuovi record. Per la Casa Bianca di Joe Biden la volata è una doccia fredda che fa temere per la tenuta della ripresa economica: la corsa dei prezzi infatti erode il potere di acquisto degli americani - in media di 250 dollari al mese -, oltre a mettere a rischio l'incerto futuro del piano economico da 2.000 miliardi fortemente voluto dal presidente ma già bocciato dal Senato.

«Le attese sono per un allentamento dell'inflazione per la fine del 2022», afferma Biden assicurando l'impegno della Casa Bianca per «vincere la sfida dei prezzi». Il presidente è consapevole dei rischi politici della fiammata dei prezzi, soprattutto in vista delle elezioni di metà mandato: gli americani gli attribuiscono la colpa del carovita, mentre per i repubblicani la corsa dell'inflazione è una prova del fallimento delle politiche economiche dei democratici.

Dietro al +7,5% dei prezzi a gennaio, l'aumento maggiore da 40 anni, c'è una corsa generalizzata che va al di là dei settori più colpiti dal Covid: i prezzi delle auto usate sono schizzati del 40,5% rispetto a gennaio 2021, gli alimentari del 7%, ristoranti e dei fast-food dell'8%. I prezzi dell'energia sono invece saliti dello 0,9% rispetto a dicembre e del 27% su base annua.

La lotta all'inflazione della Casa Bianca si intreccia con quella della Fed: aumenta, infatti, la pressione su Jerome Powell per un intervento più drastico del previsto. Gli analisti ormai stimano almeno sei rialzi dei tassi quest'anno, e non escludono che in marzo il ritocco possa essere di mezzo punto percentuale. Gli investitori si interrogano insomma fino a dove si spingere l'aggressività della Fed e questo si riflette sui rendimenti dei Treasury, schizzati per i titoli a 10 anni al 2% per la prima volta dal 2019.

L'aumento dei tassi di marzo è dato per scontato e dovrebbe essere seguito da ritocchi almeno in maggio e giugno per arrivare a luglio con un costo del denaro di un punto percentuale più alto di ora. Sempre che Powell non sia indotto a una stretta ancora maggiore da sommarsi alla riduzione del bilancio della Fed, schizzato a 9.000 miliardi con il Covid.

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