Stop al metano russo per i contratti scaduti: la stretta sul conto K

Non pare esserci grande compattezza tra gli Stati membri, che dovranno ora decidere come agire

Stop al metano russo per i contratti scaduti: la stretta sul conto K

L'Europa tira dritto per quanto concerne le sanzioni alla Russia, anche se non pare proprio esserci una linea comune da seguire per il timore di ripercussioni sul rifornimento di forniture energetiche e materie prime.

La scorsa settimana, ad esempio, è arrivata la decisione di fermare l'approvvigionamento del carbone russo anche se, a onor del vero, solo a partire dal mese di agosto. Insomma l'Ue cammina sulle uova e deve fronteggiare anche il problema delle autonome e differenti decisioni prese dagli Stati membri, ognuno dei quali cerca di salvare il salvabile.

Dopo il traballante no al carbone, Bruxelles è al lavoro per tentare un embargo al petrolio russo, ma la Germania non ha intenzione di seguire in modo pedissequo tali linee guida, presumibilmente per il timore di subire pesantissime ripercussioni: ad ora Berlino pare intenzionata ad attenuare la portata del divieto, facendo riferimento solo ai derivati del greggio e scegliendo di ritardare l'entrata in vigore di tale embargo almeno fino alla seconda metà dell'anno. La stessa Francia, a modo suo, sceglie di frenare, anche se ogni decisione sarebbe stata rimandata alle fasi successive al ballottaggio. Questo, presumibilmente, per non dare alcun ulteriore punto di forza alle posizioni antieuropeiste di Marine Le Pen, che ha incentrato la propria campagna elettorale sulla lotta al caro vita.

Oltre al petrolio, l'Ue ha nel mirino pure il metano, ultima fonte fossile al momento esente da restrizioni. Anche il questo caso la Germania, che dipende in particolar modo dal gas russo, dovrà agire con estrema cautela. Gli Stati membri della Ue sono terrorizzati dalla possibilità di un brusco e immediato stop alle importazioni di metano, anche per il fatto che Bruxelles si è già pronunciata mettendo in guardia tutti sulla presunta illegittimità del pagamento delle importazioni di gas russo in rubli, come richiesto dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Assecondare tali richieste, cosa che più di qualcuno, come l'Ungheria, starebbe già pensando di fare per il bene del proprio popolo, significherebbe violare le stesse sanzioni imposte dall'Ue oltre che dare alla Banca centrale russa (uno dei principali obiettivi delle restrizioni) discrezionalità sia sul tasso di cambio che sui tempi di conversione. Il decreto presidenziale russo, varato a fine marzo, sarà attivo da maggio e obbligherà i Paesi ostili (ovvero quelli che hanno firmato per decretare le sanzioni contro i russi) a pagare il gas tramite il conto K presso Gazprombank, che convertirà euro e dollari in rubli.

Il dilemma e la paura

Insomma, Bruxelles ha lanciato un monito agli Stati membri, nelle mani dei quali, tuttavia, passa ora la patata bollente. Come comportarsi? Rispettare il diktat della Ue e trovarsi improvvisamente senza materie prime e forniture energetiche, con pesanti ripercussioni sul comparto produttivo e una più che probabile recessione economica, o scegliere di sganciarsi dalle linee guida per garantire al proprio Paese di sopravvivere anche a costo di venir meno agli impegni di embargo presi? Sarebbero almeno 150 i contratti di fornitura a rischio, stando ai dati in mano a Bruxelles. Si parla di circa 20 miliardi di metri cubi di contratti in Europa a rischio, a fronte di 125 miliardi di metri cubi totali: le scadenze riguarderanno, nei prossimi mesi, Italia, Polonia, Olanda, Germania, Bulgaria e Slovenia.

Per quanto riguarda il nostro Paese, Edison ha anunciato la volontà di non rinnovare l'accordo per la fornitura di oltre un miliardo di metri cubi che dovrebbe terminare nel mese di ottobre. Amsterdam ha già invitato le proprie aziende a far cessare tali contratti, promettendo in cambio aiuti economici (si parla anche di penali da pagare per l'interruzione), di cui bisognerà valutare l'entità.

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