Moda, i saldi non bastano. Nei negozi vendite a picco

Nel primo semestre -4,6%. Nel 2023 hanno chiuso cinquemila vetrine. E Urso convoca il tavolo di settore

Moda, i saldi non bastano. Nei negozi vendite a picco
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Emorragia commerciale senza fine per il sistema moda. Dopo un brutto 2023, anche il 2024 è iniziato male, sia sul fronte delle vendite, sia a Piazza Affari, dove i big del lusso stanno zavorrando i mercati. Non solo in Italia. Una crisi di sistema che nel nostro Paese non risparmia i grandi brand, ma nemmeno quelli cheap.

E così, i saldi di luglio non hanno aiutato un malato già in agonia su tutti i fronti (abbigliamento, calzature, pelletteria, accessori, tessile casa e articoli sportivi), la domanda è bassa. E la Federazione moda Italia-Confcommercio lancia l'allarme alla vigilia di un importante incontro sul tema che si terrà oggi al ministero delle Imprese e del made in Italy guidato da Adolfo Urso: «È del 4,6% la flessione media nel primo semestre del 2024, e dell'8,1% la perdita di luglio rispetto allo stesso periodo del 2023», scrive la Federazione spiegando che il 60% delle imprese intervistate per un sondaggio di categoria ha riportato una diminuzione delle vendite, il 25% una stabilità e il 15% una crescita. «Solo nel 2023 sono spariti dalle nostre strade 5.080 negozi di moda, che hanno lasciato quasi 10.000 persone in cerca di una nuova occupazione - ha dichiarato Giulio Felloni, presidente di Federmoda - serve un cambio di passo».

«Occorre aggiunge il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli - una tutela dei negozi fisici dai colossi del web attraverso il rispetto del principio dello stesso mercato stesse regole e un'azione diretta al rilancio dei consumi interni attraverso alcuni innovativi provvedimenti che segnaleremo al Mimit».

A tal proposito Federmoda pensa che questo possa avvenire attraverso tre correttivi che saranno portati oggi all'attenione del ministro: l'introduzione di una detrazione d'imposta sulla dichiarazione dei redditi dei contribuenti per l'acquisto di prodotti di moda sostenibili effettuato nei negozi fisici; l'applicazione di un'aliquota Iva agevolata sui prodotti di moda; e un credito d'imposta del 30% sulle locazioni commerciali o una cedolare secca sugli affitti commerciali condizionati all'obbligo di una congrua riduzione dei canoni di affitto a seguito di specifico accordo tra locatore e conduttore.

Per arrivare preparato, in questi giorni, il ministro Urso si è confrontato con il Mef per capire l'impatto finanziario di questi e altri correttivi e trovare una soluzione che «aiuti l`impresa a superare questa fase temporanea, nella certezza che la moda italiana ha un grande futuro».

La posta in gioco è alta: solo il settore della vendita al dettaglio rappresenta un fondamentale pilastro dell'economia nazionale, contando 170.828 punti vendita che occupano 299.890 addetti.

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