
Bordata della Commissione Ue sulle prescrizioni del Golden Power relative all'operazione Unicredit-Banco Bpm. Le dichiarazioni, come da prassi di Bruxelles, sono da interpretare, ma diciamo che il tempismo e le parole utilizzate lasciano spazio a pochi dubbi sul destinatario del messaggio. «Non commentiamo casi individuali», ha detto il portavoce della Commissione europea Thomas Regnier interpellato in un briefing con la stampa sulle modalità di esercizio del Golden Power da parte del governo italiano. Tuttavia, ha aggiunto, «se è vero che dal punto di vista della sicurezza e dell'ordine pubblico, gli Stati membri mantengono la responsabilità di attuare soluzioni per le libertà di mercato attraverso le loro leggi nazionali, ciò che è molto importante per noi è che queste restrizioni alle libertà individuali siano consentite solo se proporzionate e basate su un legittimo interesse pubblico». Insomma, il messaggio è chiaro, soprattutto se a questo si aggiunge che nelle scorse settimane dall'Europa si era acceso un faro sul dossier già prima che diventassero note le prescrizioni. Evidentemente, ai vertici dell'Unione c'è qualche perplessità in merito alla vicenda. Il Dpcm del governo, infatti, prevede diverse condizioni rigide per acconsentire alle nozze tra i due istituti come il mantenimento del rapporto prestiti-depositi (che per Bpm è il 125% e per Unicredit il 94%); il mantenimento degli investimenti in titoli di emittenti italiani in Anima; l'introduzione di salvaguardie occupazionali e di mantenimento degli sportelli; infine, la cessazione entro nove mesi di ogni attività in Russia. La mancata osservanza di queste prescrizioni può portare a multe da 300 e fino alla cifra astronomica di 20 miliardi (il doppio del valore dell'operazione). Il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, pur lasciando trasparire irritazione per «l'uso dei poteri speciali in un'operazione domestica tra due banche italiane» e per prescrizioni «non pienamente in linea con la normativa nazionale e comunitaria», vuole però prima cercare il dialogo. L'idea è trattare per una mitigazione del Dpcm, sfruttando proprio la porticina lasciata socchiusa dal dispositivo che invita Unicredit a comunicare subito «all'autorità se non fosse possibile attuare - in tutto o in parte - le prescrizioni». La banca ha già inviato una missiva al governo e vorrebbe un faccia a faccia con i vertici del Mef, guidato da Giancarlo Giorgetti, giusto per esaurire ogni canale di dialogo possibile. L'arma successiva, invece, è quella, già pronta: il ricorso al Tribunale amministrativo regionale contro quelli che vengono ritenuti vincoli eccessivi e ingiusti.
Tra chi vede con sospetto l'avanzata di Unicredit verso Bpm, l'opinione è che il Dpcm sarebbe giustificato da alcune considerazioni: come il fatto che l'istituto di Piazza Gae Aulenti ha ridotto negli ultimi cinque anni il credito in Italia o che nessuna delle realtà coinvolte tra le Ops approvate dal governo senza osservazioni, ovvero Mps-Mediobanca o Bper-Popolare di Sondrio, ha una presenza stabile e significativa in Russia (dove Unicredit nel 2024 ha realizzato 1,3 miliardi di ricavi) che è un paese sotto sanzioni internazionali. Anzi, proprio quest'ultimo è il punto che avrebbe determinato la durezza del Dpcm: per quale ragione solo la banca di Orcel non ha rispettato fino a oggi un'imposizione che in Europa non ha visto eccezioni? Non a caso proprio ieri il segretario al Tesoro Usa Scott Bessent ha precisato «che non bisogna avere pietà per chi ha finanziato Mosca nonostante le sanzioni». E dunque, dietro il provvedimento del governo c'è una condivisione di questioni al più alto livello doiplomatico. Nel frattempo, Orcel non si tirerà indietro.
Il periodo di adesione all'Ops inizierà lunedì e proseguirà fino al 23 giugno, con Unicredit che ha facoltà di rinunciare all'offerta fino al 30 giugno. Oggi il consiglio d'amministrazione di Bpm si riunirà per valutare la risposta all'Ops di Unicredit.
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