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Nel piano Arcelor esuberi e 1,8 miliardi dallo Stato

Il gruppo chiede 3.200 licenziamenti e tagli alla produzione. I sindacati: "Inaccettabile"

Nel piano Arcelor  esuberi e  1,8 miliardi dallo Stato

Meno produzione, più esuberi e un intervento statale che sfiora i due miliardi di euro. Il piano industriale inviato da ArcelorMittal al governo ieri sera è in linea con le peggiori aspettative. Le stesse che ieri pomeriggio, prima di ricevere il documento, avevano fatto dire al ministro dello Svilupppo Stefano Patuanelli che l'intervento dello Stato nel salvataggio degli stabilimenti è inevitabile e che «se ArcelorMittal ha deciso di andarsene se ne andasse e finiamola qui, troviamo un modo per farli andare via».

Se governo (e i sindacati) rimangono legati all'accordo di marzo, quello che prevedeva una produzione di 8 milioni di tonnellate, tra forno elettrico e altoforno, e 10.700 occupati, pari alla forza attuale, il piano presentato ieri sera, prevede 7.500 occupati, 3.200 esuberi diretti rispetto all'organico di gruppo attuale. Se si contano i circa 1800, tra Taranto e Genova, che sono già in cassa integrazione e fanno capo a Ilva in amministrazione straordinaria, si arriva ad un numero secco di 5mila esuberi.

Giù anche la produzione: non più 8 milioni ma 6 milioni di tonnellate, con possibilità di rivedere l'assetto produttivo solo se il mercato dell'acciaio dovesse riprendersi dalla crisi e la fase post Covid fosse superata. Un altro punto dell'accordo riguardava la sopravvivenza dell'altoforno 5. Secondo l'ultimo piano dovrebbe essere spento.

Unico punto di contatto tra Arcelor e il governo è l'intervento pubblico che il gruppo valuta su un miliardo di euro, oltre ai 600 milioni di prestito garantito da Sace e 200 milioni di contributo a fondo perduto.

Fino a ieri sera nessuna replica dal governo, anche se Patuanelli aveva detto apertamente di aspettarsi una proposta irricevibile. Hanno invece parlato i sindacati, con il leader della Fiom Cgil Francesca Re David, che bolla come «inaccettabile qualunque soluzione che smentisca l'accordo che abbiamo fatto che prevedeva zero esuberi. Riteniamo che questo piano sarà giudicato irricevibile anche dal Governo». Per Marco Bentivogli, segretario Fim Cisl, «non sono accettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3.300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue». Infine, Rocco Palombella, segretario Uilm, sostiene: «Chiediamo al Governo di farci conoscere immediatamente il contenuto di questo piano perché sarebbe inaccettabile che migliaia di lavoratori e intere comunità rimanessero appesi a notizie non confermate ufficialmente o nuovamente a piani industriali secretati. Patuanelli convochi subito incontro al Mise».

La crisi dell'Ilva ha ripercussioni anche sull'indotto che conta 4.000 addetti. «Una ditta di appalto - ha annunciato Vincenzo Castronuovo, della Fim Cisl - ha ritirato i lavoratori dallo stabilimento di Taranto. Arcelor Mittal.

Mittal aveva promesso di dare un acconto per le fatture scadute da oltre 3 mesi ha contattato le imprese promettendo loro un acconto che però non si è visto. La situazione si sta aggravando rispetto a quella pregressa». Di Ilva si è parlato al vertice di ieri tra Patuanelli, il responsabile dell'Economia Roberto Gualtieri e il premier Giuseppe Conte.

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