No al reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza è una misura inefficace. Assistenzialismo puro. Cioè, spreco di soldi nostri. Risultati? Zero.

Gli stessi denari andavano destinati alle imprese per coinvolgerle direttamente in un patto per il lavoro davvero virtuoso. Ovvero: utilizzati per assumere giovani vogliosi di imparare un mestiere invece di oziare a casa oppure sui banchi di scuola.

Naturalmente il rimborso alle imprese deve essere limitato a un tempo preciso, quello necessario alla formazione sul campo. Sono certo che i meritevoli gli imprenditori non se li lasceranno scappare. Così può nascere una manodopera eccellente. Per i lavativi l'ennesima occasione gettata al vento.

Questa è una misura appropriata, che costruisce. Non lo è il reddito di cittadinanza. Si tratta di una formula del tutto errata. Con tutto il rispetto, mi ricorda la «paghetta». O il welfare che oggi molti nonni in pensione attuano per venire incontro ai figli che non hanno lavoro.

Il reddito di cittadinanza è una forma riveduta e corretta del solito assistenzialismo: soldi a pioggia pescati nelle nostre tasche. Non proprio una misura per stimolare la ripresa economica. I sostenitori assicurano che si finanzia da solo. Analisti avveduti hanno smontato in un attimo la macchina della propaganda.

Quei soldi andavano dirottati in altra direzione per ottenere buoni risultati. Come la proposta di coinvolgere direttamente le imprese private per rimettere in moto il lavoro. Un segnale per l'economia reale. Con una formazione sul campo destinata a generare benefici e soddisfazione per tutti.

L'economia può ripartire solo se l'iniziativa privata viene finalmente coinvolta.

È miope pensare di dare una scossa alla disoccupazione senza tenere conto delle imprese. E, infatti, anziché impegnarci per la soluzione del problema stiamo sprofondando nel problema. Siamo il Paese delle infinite «paghette»!

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