«Siamo di fronte ad un caso di vero e proprio analfabetismo fiscale. O forse la sinistra per non incorrere nell'inevitabile effetto scalino auspica l'abolizione di tutti gli interventi sui redditi medio bassi». Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, interpellato dal Giornale, è molto irritato perché lo sforzo compiuto dal governo per il taglio strutturale del cuneo e per la conferma dell'Irpef a tre aliquote (nel complesso circa 17,5 miliardi sui 28,5 della manovra) è stato tartufescamente frainteso. Galeotto, si fa per dire, fu un articolo di Repubblica che ha enfatizzato l'aliquota marginale per i redditi che si trovano a ridosso dei 40mila euro. Un 56,18% definito «una beffa» e che induce a pensare che, anziché migliorare, la situazione sia peggiorata. In realtà le cose non stanno così, spiegano dal ministero dell'Economia, «l'aliquota media diminuisce per tutti i redditi compresi fra 32mila e 40mila euro». Insomma, alla fine tutti ci guadagnano.
Prima di addentrarci nella spiegazione (anche per comprendere meglio lo sconcerto di Palazzo Chigi e Via XX Settembre), occorre ricordare che - in base alla manovra - dall'anno prossimo il taglio del cuneo resterà un bonus per i redditi tra zero e 20mila euro, mentre per la fascia 20-40mila euro (dunque ampliando i beneficiari rispetto ai 35mila euro previsti quest'anno) è prevista una detrazione fiscale con un décalage sopra quota 32mila. Come spiega il Tesoro, l'aliquota Irpef media a quota 32mila nel 2025 sarà del 16,3% (20,2% a legislazione vigente), a quota 35mila del 19,7% (22,2%) e a quota 40mila del 24,4% (25,1%). Appena sopra il tetto massimo esplica i propri effetti l'aliquota marginale, un concetto più teorico che pratico e che serve a misurare quanto convenga lavorare di più se si perdono alcuni benefici fiscali. Ebbene, sopra quota 40mila ogni euro viene tassato al 56,18%. Ma questa non è l'aliquota vera, bensì la somma tra aliquota legale (il 35% per i redditi tra 28mila e 50mila) e i benefici persi uscendo dal regime agevolato del taglio del cuneo e delle detrazioni (21,18%).
Come ricordano gli espertiu di Via XX Settembre quest'anno l'aliquota marginale è «ben superiore al 100%» perché superata la soglia dei 35mila euro si perdono benefici per 1.000 euro circa. Dunque, l'aliquota marginale è stata quasi dimezzata. Si poteva fare di più? Certamente, estendendo il taglio del cuneo ai redditi fino a 50mila euro, la detrazione si sarebbe azzerata con la fine dello scaglione Irpef e l'aliquota marginale sarebbe stata del 5,5 per cento.
«Solo per fare un paio di esempi, seguendo la logica di Repubblica, l'introduzione del cosiddetto bonus Renzi ha comportato, per i redditi tra 24 e 26 mila euro soggetti al décalage del beneficio, un'aliquota marginale effettiva Irpef del 79,5%», ricorda Fazzolari aggiungendo che «la successiva revisione operata del governo Conte 2 ha comportato, per i redditi tra 35 e 40 mila euro, un'aliquota marginale effettiva Irpef del 60,82%». Si stava peggio, ma si faceva finta di niente per non turbare il governoamico.
«L'unica soluzione per non avere un meccanismo di tal genere - conclude il sottosegretario - sarebbe prevedere benefici di natura fiscale senza alcun limite di reddito, senza alcuna soglia, oppure non prevedere alcuna agevolazione per i redditi medio bassi, evitando così di creare la polemica inesistente sul livello delle aliquote marginali effettive, cavalcata per ragioni politiche o semplicemente per analfabetismo fiscale».
Poiché l'articolo di Repubblica si riferisce a un'analisi sui dati forniti dall'Ufficio parlamentare di Bilancio in sede di audizione sulla manovra, bisogna anche precisare che il taglio del cuneo 2025 - a detta dello stesso Upb - risulta «più vantaggioso rispetto alla precedente decontribuzione per circa 5,7 milioni di lavoratori dipendenti e l'entità media dei benefici sarà significativamente superiore». Di questi soggetti circa 3,7 milioni non erano interessati dallo sconto contributivo e otterrebbero un vantaggio medio di circa 589 euro.
Per 12,3 milioni di contribuenti la situazione rimarrà invariata, mentre per circa 800mila beneficiari del nuovo regime si avrà una riduzione dei vantaggi ottenuti nel 2024. Circa 300mila persone che nel 2024 hanno beneficiato della riduzione dei contributi sociali sono escluse dal nuovo sistema.
«Si tratta principalmente di contribuenti con un reddito totale elevato ma un reddito relativamente basso da lavoro dipendente», spiegava l'Upb rimarcando che «tale modifica elimina la distorsione distributiva precedente, in cui i benefici della decontribuzione si estendevano anche a soggetti con elevata disponibilità economica derivante da altre fonti di reddito». Per tutto il resto bisognerà aspettare i risultati del concordato preventivo biennale. Bastano 2,5 miliardi per tagliare l'aliquota intermedia Irpef del 35% e portare un altro po' di sollievo.
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