Nel 2016 Ennio Doris, banchiere visionario e perciò coraggioso, anticipò in tempi non sospetti quel che oggi è di un'evidenza solare: le banche faranno la fine delle cabine telefoniche. Ovvero: a che cosa servono se non vi entra più nessuno? Il sistema basato sullo sportello è superato. Innovazione, servizi, presenza sui territori per rispondere in modo puntuale e veloce alle esigenze di cittadini e imprese rappresentano la retta via.
A dirla tutta: siamo in grave ritardo. Perché ci si scontra con resistenze di tutti i tipi: il peso del sindacalismo vecchio stampo è una malapianta dura ad andare in soffitta. Il mercato domanda personale specializzato e consulenza ai massimi livelli. Ci sarà una selezione? E'inevitabile. Servono investimenti importanti perché continuando a rimanere in mezzo al guado non guadagnano. Il compianto e illuminato Sergio Marchionne diceva: «Vivere significa cambiare». Sintesi perfetta. La figura del bancario per come l'abbiamo vissuta ha perso di significato. Chi rimarrà in quel mondo dovrà accettare la sfida del cambiamento come percorso di crescita. Altri porteranno la propria esperienza, anche di relazione interpersonale, in attività parimenti strategiche. La persona continuerà a fare la differenza quanto più sarà in grado di conoscere e soddisfare le esigenze sempre più complesse del cliente/risparmiatore. La concorrenza nel mondo delle banche vieppiù agguerrita obbliga ad un profondo ripensamento. Le filiali, per come sono tuttora in larghe parti del Paese, non hanno più ragione d'essere. Molte andranno chiuse. Imitiamo finalmente la vicina Francia: quelle rimaste sono molto piccole e funzionali.
Un cambio di passo realizzato
vent'anni fa in un Paese che, quanto a burocrazia, certo non scherza. E' necessario fare altrettanto. Per presentarsi sul mercato con un volto profittevole, capace di generare fiducia nel consumatore finale.www.pompeolocatelli.it
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