Il Covid cambia gli assegni: quando arrivano le nuove pensioni

Le pensioni avranno importi nuovi dovuti alla speranza di vita. Cosa cambia per i coefficienti di trasformazione e l'età pensionabile

Il Covid cambia gli assegni: quando arrivano le nuove pensioni

In pensione prima, grazie al Covid. La drammatica situazione che ha coinvolto il Paese con la pandemia ha di fatto lasciato il segno anche sull'aspettativa di vita. Il tutto con inevitabili conseguenze sul sistema previdenziale. Secondo gli ultimi dati disponibili, il numero dei decessi nell'anno 2020 ha fatto scendere la speranza di vita a 82 anni. Ma attenzione: questo dato non avrà conseguenze solo sull'uscita dal mondo del lavoro, ma anche sull'importo degli assegni. Infatti la nuova aspettativa di vita avrà un peso determinante, come ricordato da Italia Oggi sui coefficienti di trasformazione. Si tratta del parametro principale che va a determinare la cifra che incasserà il singolo pensionato.

Il biennio da tenre d'occhio

La prossima tappa da tenere d'occhio è quella del 2023. Infatti scatterà il nuovo adeguamento calcolato sul tasso di mortalità riscontrato nel 2020. Secondo le previsioni i nuovi coefficienti dovrebbero fare un balzo indietro nel tempo arrivando al 2013. Dunque si aprirebbe una finestra favorevole per gli assegni che comporterebbe uno stop ai tagli e un lieve incremento nel bienni 2023-2024. Chi avrà accesso alla pensione in quel periodo potrebbe portare a casa un assegno ben più pesante rispetto a quanto previsto finora. In seguito, si prevede per il 2025, l'aspettativa di vita dovrebbe tornare ai livelli pre-Cocvid con un adeguamento diverso per assegni e per età pensionabile. Questo dettaglio che riguarderà gli anni 2023-2024 non è da trascurare. Infatti finora tutte le revisioni dei coefficienti hanno comportato un taglio dell'assegno. Dopo parecchi anni, purtroppo grazie al Covid, la situazione contributiva e previdenziale potrebbe cambiare.


Cambia l'età per l'uscita

Ma non finiscono qui le novità. Facciamo ora il punto sull'età pensionabile. Con una speranza di vita in decrescita, sostanzialmente bloccherà l'innalzamento dei requisiti previsto per gli anni 2023 e 2024. Il muro dei 67 anni dunque resterà invariato. A seguire l'età salirà di soli due mesi nel bienni 2025-2026 e dovrebbe poi toccare i 68 anni solo nel 2033. Queste variabili si intrecciano inesorabilmente con la partita che il governo sta giocando sui trattamenti previdenziali. Al momento non è stata annunciata alcuna riforma concreta del pensionamento anticipato. L'unica certezza è che quota 100 andrà ad esaurimento con lo scoccare del 21 dicembre 2021.

I nodi da sciogliere

Al momento le soluzioni proposte parlano di una possibile introduzione di quota 102 o di una uscita anticipata col contributivo puro solo per alcune categorie di lavoratori. A quanto pare però la maggioranza potrebbe trovare un punto di intesa con una uscita anticipata a 63 anni con almeno 35 anni di contributi e con una penalizzazione sull'assegno che può oscillare tra il 2 e il 3 per cento. La strada verso la riforma è ancora lunga e probabilmente in autunno lo scontro politico potrebbe accendersi. Ma Draghi pare intenzionato a non rinnovare Quota 100. Del resto anche l'ocse ha messo in discussione la misura definendola troppo dispendiosa per le casse dello Stato. Ma sempre l'Ocse ha anche chiesto la cancellazione di Opzione Donna, l'uscita anticipata per le lavoratrici con una età di 58 anni e 35 di contributi.

Su questo punto probabilmente scatterà una nuova proroga con il rinnovo della misura anche per il 2022. L'autunno ci dirà quale sarà il futuro del sistema previdenziale. Tanti lavoratori attendono da tempo delle risposte.

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