L'eventuale nazionalizzazione di Banca Carige sarebbe una sconfitta del Sistema Paese. Una mossa scriteriata, priva di strategia. La mancata ricapitalizzazione del 22 dicembre e l'assenza di un compratore privato dicono della gravità della situazione. Con settori del governo che spingono per soluzioni stataliste come la nazionalizzazione. Una formula che non risolve il problema (la storia insegna!).
Il commissario di Carige Pietro Modiano prova a rassicurare che lo stato delle cose non ha nulla che lo apparenta con le dolorose vicende delle banche venete. Sarà. Ma se siamo arrivati a questo punto con i risparmiatori preoccupati (così come l'Europa) e a ragione per i propri risparmi e un istituto sull'orlo di una crisi di nervi (malcelata a fatica) vorrà pure dire qualcosa. Un esecutivo serio non dovrebbe perdere tempo con proposte farlocche. La nazionalizzazione non può mai essere la risposta virtuosa alla malagestione dei privati.
Lo Stato efficiente è quello che assicura il controllo puntuale. Che individua i colpevoli di pratiche allegre e li sanziona. Ma senza mettere in discussione il ruolo delle imprese private.
Insomma: chi sbaglia deve pagare. Ma non i cittadini contribuenti come avverrebbe ancora una volta con la dissennata politica delle nazionalizzazioni. Lo Stato aiuta controllando con decisione assoluta. Non con scelte nefaste. A chi vengono in mente i travagli prolungati di Mps (e Alitalia) gode di ottima memoria. Pensierino finale.
Come ha scritto Marcello Zacché in prima pagina (Il Giornale, 9 gennaio), le banche sono un patrimonio da salvare perché «le banche siamo noi». Giustissimo.
Ma allora l'Italia, anziché avvitarsi su se stessa, dovrebbe farsi sentire in Europa affinché si acceleri per attuare, per davvero, la benedetta Unione Bancaria. Salvaguardare il proprio orticello finanziario è l'anticamera del tracollo di tutti.www.pompeolocatelli.it
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