Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ieri ha incontrato il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano. Dopo il vertice con i sindacati di venerdì scorso, per Giorgetti si è trattato di un primo contatto con i due principali esponenti politici locali, il cui atteggiamento negativo nei confronti dell'ex Ilva sta avvicinando le prospettive di chiusura dell'impianto. Il Consiglio di Stato la scorsa settimana ha sostanzialmente confermato l'ordinanza sindacale che dispone lo stop all'area a caldo entro due mesi se non sarà messa in sicurezza la produzione dell'acciaio. Il ministro si è dichiarato comunque ottimista. «Rispetto a un anno fa - ha sottolineato Giorgetti - sono cambiate molte condizioni e si aprono gli spazi, anche grazie all'intervento dell'Europa, per poter affrontare e risolvere la vicenda Ilva tutelando la produzione strategica dell'acciaio in Italia con le garanzie per i lavoratori e la tutela dell'ambiente».
Il messaggio è molto chiaro: con i fondi di Next Generation Eu si possono realizzare gli investimenti per attutire l'impatto ambientale del complesso siderurgico senza rinunciare a una produzione strategica per il sistema-Paese. Da questo punto di vista, poi, il ministro non ha mai escluso la possibilità di avvalersi del golden power per garantire il rispetto degli indirizzi strategici fino a quando ArcelorMittal continuerà a mantenere la maggioranza. Poi con il programmato intervento di Invitalia (due aumenti di capitale da 1,08 miliardi) nel 2022 lo Stato deterrà il 60% della società. «È un momento storico importante, una occasione che, al netto delle conseguenze che certamente arrivano anche dalle vicende giudiziarie, tutti i protagonisti vorranno sfruttare al meglio per lo sviluppo del territorio», ha concluso Giorgetti.
Il sindaco di Taranto Melucci ha commentato in maniera abbastanza sibillina. Da una parte, ha accolto con favore l'atteggiamento di Giorgetti volto a «superare gli errori del passato, dialogare con la comunità ionica e avviare una vera e radicale transizione tecnologica, che tenga ormai prioritarie le questioni relative alla salute e all'ambiente». Dall'altro lato, ha ribadito che la sentenza del Tar con cui è stata fatta decadere la sospensiva dell'ordinanza è «la bussola per il futuro di Taranto».
La prima sensazione è che una riscrittura del piano industriale di ArcelorMittal (magari con una maggiore salvaguardia dell'occupazione in fase di avvio) possa in qualche modo avvicinare le parti. Resta comunque il problema politico: da una parte comitati civici e ambientalisti che chiedono lo stop, dall'altra Confindustria e Svimez che ricorda come la chiusura costerebbe 3,5 miliardi di Pil.
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