Babbo Natale è di casa in Piazza Gae Aulenti sia per gli azionisti che per il vertice di Unicredit. Andrea Orcel, paragonato da alcuni broker a Santa Claus dopo la promessa di destinare 16 miliardi alla retribuzione degli azionisti contenuta nel piano triennale, ha scartato ieri il suo regalo. La Corte di Madrid ha riconosciuto al banchiere 68 milioni di risarcimento per l'assunzione sfumata all'ultimo minuto, nel 2018, da parte del Banco Santander quando il manager si era già dimesso da Ubs per approdare in Spagna. Il Banco ha già annunciato il ricorso in appello, ma intanto integrità e onore, alla base della richiesta di danni presentata dal manager, sono in salvo. Nel frattempo, Piazza Affari continua a tessere le lodi del banchiere, catapultato dallo scorso aprile alla guida di Unicredit, e del nuovo piano industriale presentato giovedì e ritenuto in forte discontinuità con la gestione precedente. Il titolo della banca milanese ha chiuso ieri la seduta a 12,88 euro, in rialzo dello 0,59% (con un indice di riferimento in calo dello 0,3%), consolidando così il guadagno di quasi undici punti percentuali registrato alla vigilia. A poco più di un anno dall'annuncio delle dimissioni di Jean Pierre Mustier, il titolo ha messo a segno un rialzo del 65 per cento.
«Orcel ha rimesso la chiesa al centro del villaggio, ha rimesso l'Italia al centro della strategia di Unicredit», ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi per poi rimarcare «finalmente per Unicredit parliamo di un vero piano di rilancio». I quattro anni e mezzo della gestione di Mustier sono stati caratterizzati da tagli dei costi e ristrutturazioni. Con Orcel il gruppo torna a crescere, almeno nelle intenzioni racchiuse nella strategia 2022-2024, con una politica di remunerazione degli azionisti generosa; il presidio del territorio (l'Italia varrà 2 miliardi di utile a fine piano sui 4,5 attesi a livello di gruppo); una spinta sul risparmio gestito, business redditizio e a basso assorbimento del capitale, per trasformare il cash dei depositi in prodotti di investimento e, infine una apertura sul fronte M&A, purché accrescitiva del valore del gruppo.
L'era dell'ex ufficiale della Legione Straniera ha visto Unicredit mettere in vendita partecipazioni strategiche (l'8,4% in Mediobanca, Bank Pekao, una partecipazione in Yapi Kredi e il 30% di Fineco), npl e fabbriche prodotto (il gioiellino Pioneer venduto ad Amundi per 3,5 miliardi), passare da un maxi-aumento di capitale da 13 miliardi e gestire un sofferto piano esuberi concentrato tra l'altro sul territorio italiano (era prevista la chiusura di 500 filiali e il taglio di 8mila dipendenti di cui più di 5.500 in Italia).
La nuova strategia, secondo quanto comunicato ai sindacati, prevede per l'Italia l'uscita volontaria di 950 dipendenti concentrati nelle funzioni centrali, ma anche l'immissione, entro fine piano di 1.700 persone di cui 900 nella rete.
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