La grande partita sulle pensioni è decisiva per l'esecutivo e per milioni di italiani. In tantissimi attendono di sapere quali saranno le regole per l'uscita anticipata che il governo Draghi potrebbe introdurre. Ed è per questo motivo che da tempo si susseguono vertici e incontri tra i ministri, lo stesso premier e i sindacati. Nelle ultime settimane, dopo alcune tensioni sfociate nell'addio al vertice dello scorso 7 febbraio (recuperato questa settimana), le parti stanno gradatamente cercando la strada dell'intesa. Mettiamo subito in chiaro una cosa, come più volte ricordato da ilGiornale: il nuovo sistema previdenziale che potrebbe permettere l'uscita anticipata avrà un costo elevato per le tasche dei pensionandi.
Il braccio di ferro governo sindacati sugli importi
La trattenuta sull'assegno, diciamocelo, non sarà una passeggiata. Al momento la via di fuga è fissata col sistema Quota 102: 38 anni di contributi e 64 di età. Un sistema che forzatamente sparirà il 31 dicembre del 2022 per lasciare spazio al frutto della nuova riforma che sta nascendo in queste settimane. Al momento c'è uno stallo sulla proposta avanzata dall'esecutivo che prevede una flessibilità in uscita sotto i 67 anni fissati dalla Fornero a patto che i nuovi assegni vengano ricalcolati integralmente col sistema contributivo. Un "suggerimento" quello dell'esecutivo che a quanto pare non è stato accolto nel migliore dei modi dai sindacati.
Il balletto delle cifre e dei tagli
Successivamente la proposta è stata modificata ulteriormente con un sistema di penalizzazioni. Di fatto per ogni anno di anticipo, chi va in pensione perderà il 3 per cento sull'assegno. E con una uscita a 64 anni rispetto ai 67 anni, la batosta sull'assegno potrebbe ammontare al 9 per cento complessivo in 3 anni. Un calcolo questo che, sempre secondo i sindacati, potrebbe erodere e non poco le tasche dei pensionati. Ed è in questo dibattito che si è inserita la voce del'residente dell'Inps, Pasquale Tridico, molto attivo negli ultimi mesi nel fornire una sua analisi sugli scenari previdenziali. Il numero uno dell'Istituto nazionale di previdenza sociale ha in mente un sistema che preveda un assegno in due step. La prima parte erogata con sistema contributivo a 64 anni, poi al raggiungimento dei requisiti effettivi a 67 anni, verrebbe nuovamente risbloccata la parte retributiva. Tutto ciò potrebbe dar vita a un assegno a due facce con un importo più leggero per i primi 3 anni per poi tornare a crescere ai 67 anni di età. Su questo "balletto" piuttosto incerto sul futuro di milioni di pensionandi, si è espresso con parole chiare il segretario della Uil, Pier Paolo Bombardieri che come ricorda il Tempo, a La Presse ha affermato: "Si mettono in discussione diritti acquisiti, cambiando le carte in tavola in corsa, e ci sarebbe una penalizzazione eccessiva".
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