"Rimborsate queste pensioni". Cosa fare per difendersi

Capita che l'Inps tolga indebitamente l'assegno di invalidità o quello assistenziale chiedendo al pensionato di restituire le somme ma spesso si tratta di errori: ecco cosa ci hanno detto gli avvocati

"Rimborsate queste pensioni". Cosa fare per difendersi

A volte capita che molti pensionati ricevono comunicazioni dell’Inps circa somme corrisposte in maniera errata per svariati motivi che non sono mai specificati sulla pensioni. E spesso, queste comunicazioni sono controverse e indicano due cose diverse anche a distanza di pochi giorni.

Cosa può accadere

Ad esempio, è capitato che una signora ricevesse una comunicazione con un debito nei confronti dell’Inps di 20mila euro e, pochi giorni dopo, ne ricevesse un’altra con un altro importo inferiore al precedente ma l'Ente non specificava la causa dell’errore e quale fosse il debito (il primo o il secondo?) di cui tenere conto al fine del pagamento. Un altro signore, invece, nel provvedimento pensionistico provvisorio ha ricevuto un importo di debito nettamente più alto di quanto poi ha ricevuto nel provvedimento pensionistico definitivo. Prima di pagare un provvedimento che non è corretto o che viene rettificato dall'Inps dopo qualche giorno, bisognerebbe prima analizzare prima l’indebito, cioé l’errore che ha portato all’erogazione della maggior somma, perché non sempre è legittimo e non sempre sussiste il dolo del pensionato. "Si tratta di un fenomeno molto frequente nel rapporto tra Inps e pensionati, quello dell’erogazione di somme di pensione maggiori di quelle spettanti e, nella maggior parte dei casi, il cittadino non sa nemmeno il perché gli abbianoo corrisposto una cifra maggiore di quella che gli spettava e si trova così ad essere un debitore senza colpe", afferma Celeste Collovati, Fondatore e Managing Partner dello studio legale Dirittissimo (tuttopensioni@gmail.com).

Cosa si può fare

La procedura di recupero dell’indebito pensionistico è regolata dell’articolo 52 Legge 88/1989, come autenticamente interpretato dall’articolo 13 Legge 412/1991. Il secondo comma della prima disposizione citata prevede una sanatoria in favore del pensionato che abbia percepito somme non dovute, poiché “… non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato”. "È bene sapere che si sono espressi anche i Giudici della Cassazione (nel 2017) per far fronte a tali situazioni purtroppo non infrequenti, affermando che l'ente erogatore, l’Inps, può rettificare in ogni momento le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, ma non può recuperare le somme già corrisposte, a meno che l'indebita prestazione sia dipesa dal dolo dell'interessato", sottolinea l'avvocato Alessandro Milani, Managing Partner di Dirittissimo. La legge e la giurisprudenza fanno riferimento ad un principio generale di irripetibilità delle pensioni secondo cui "le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l'indebita prestazione sia dovuta a dolo dell'interessato”, ipotesi, peraltro, assai improbabile o difficile da dimostrare.

Cos'è l'indebito assistenziale

Si parla di indebito assistenziale quando l’ente ritiene che il cittadino abbia indebitamente percepito prestazioni assistenziali, quali, ad esempio, la pensione di invalidità civile o l'assegno sociale: vengono effettuate delle verifiche reddituali e se ritiene che il soggetto non abbia i requisiti in tal senso, procede al recupero delle somme indebitamente percepite con la sospensione, espressa o tacita, della prestazione assistenziale. Accade, però, che nonostante il cittadino presenti i requisiti reddituali o sanitari per ottenere la prestazione (ad es. se non è autosufficiente), l’ente, per suo errore, decide di sospenderla senza nemmeno inviare la revoca o la sospensione della stessa ma procedendo direttamente con la richiesta di restituzione delle somme indebitamente percepite. Per capire meglio, riportiamo due casi lampanti: una signora ha ricevuto un provvedimento Inps in cui le chiedevano la restituzione di 10mila euro sostenendo che non avesse diritto alla prestazione di invalidità perché con il suo reddito superava il tetto di legge stabilito per poter beneficiare dell’assegno d’invalidità. La signora, negli anni contestati dall’Inps in cui a detta loro non ne avrebbe avuto diritto, non lavorava quindi era senza reddito. "Abbiamo attivato il procedimento amministrativo per far annullare il debito, che è stato annullato per la metà, oltre che ad essere ripristinato il beneficio dell’assegno d’invalidità dal momento in cui è stato accolto il ricorso in poi", ci dice l'avvocato Collovati.

Quando interviene la Corte Suprema

Sempre la stessa signora, poi, aveva diritto all’accompagnamento in quanto soggetto non autosufficientie ma dopo due anni dalla concessione, è stata richiesta indietro dall’Inps per la somma di 20mila euro con la motivazione che non ne avesse diritto nonostante fosse evidente la sussistenza del requisito sanitario oltre che economico (non superamento dei limiti di reddito). L’inps ha sostenuto che non ne avesse diritto e, per tal motivo, ha chiesto indietro la somma: ecco perché si è proceduto ad un ricorso per ottenere l’annullamento dell’indebito ed il ripristino dell’indennità di accompagnamento. "Tale comportamento ha prodotto un copioso contenzioso, culminato in numerose pronunce della Suprema Corte che fanno leva sul principio del legittimo affidamento dei pensionati sul trattamento pensionistico indebitamente percepito in buona fede, in cui le prestazioni, pur indebite, sono solitamente destinate a soddisfare bisogni alimentari propri del pensionato e della famiglia".

"Verificare le richieste dell'Inps"

Nel caso degli indebiti assistenziali, vi sono delle regole particolari che non prevedono la restituzione senza limiti dell’indebito. In questi casi, il legislatore ha cercato di operare un equo bilanciamento tra due interessi in gioco: da un lato, attribuendo all’Inps l’onere di procedere annualmente alla verifica della sussistenza dei requisiti per ottenere la prestazione e riducendo la finestra temporale nella quale sarebbe consentita la ripetibilità; dall’altro, facendo salva la ripetibilità nel caso di dolo dell’interessato. Affinchè possa essere ritenuta una richiesta legittima, infatti, l’Inps deve provare la sussistenza del dolo del soggetto beneficiario della prestazione. "Il consiglio è sempre lo stesso, prima di soddisfare la richiesta di restituzione importi effettuata dall’Inps, è importante verificare la legittimità della stessa; se non è ravvisabile il dolo del pensionato in quanto quest’ultimo si è adoperato per rendere noti i dati reddituali, o comunque questi erano conoscibili all’Inps, la richiesta di restituzione non dovrà essere soddisfatta e si potrà procedere dunque ad una richiesta di annullamento del debito notificato", affermano gli avvocati di Dirittissimo.

Ecco perché bisogna prestare la massima attenzione alle comunicazioni ricevute dall’Inps sulla restituzione di importi già versati, "in quanto non sempre siete obbligati a restituire i soldi già versati, specialmente se avete adempiuto correttamente all’obbligo di comunicare eventuali variazioni dei vostri redditi".

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