Pensioni, ecco perché Salvini ora vuole rilanciare Quota 41

È la bandiera del centrodestra, obiettivo nel campo pensionistico. Ecco perché Matteo Salvini la vuole ora, come funziona e cosa cambia da Quota 100

Pensioni, ecco perché Salvini ora vuole rilanciare Quota 41

Ci stanno lavorando da tempo. Lega in primo piano. È un favore al Nord. O, comunque la si voglia vedere, un debito da saldare. Una promessa da mantenere. Dalle parti di via Bellerio è infatti un patto di sangue quello che avvicina i lavoratori ai dirigenti del Carroccio. Ed è anche per questo che, in queste ore, si torna a parlare di Quota 41.

Lo ha affermato lo stesso Matteo Salvini in un’intervista a Money sulle riforme che andrebbero fatte. Il segretario leghista lancia l’amo: "Anche per quanto riguarda le pensioni potrebbero esserci delle novità, infatti negli ultimi giorni si sta iniziando a parlare di una possibile riforma del sistema previdenziale". Quota 41 è un nostro obiettivo, continua Salvini, "ma nessuno deve toccare, per il momento Quota 100, perché è una possibilità che ha dato libertà a 300mila persone".

Quota 41, è giusto sottolinearlo, non nasce oggi. La Lega la sostiene da sempre. È chiaro che questa misura riguarda soprattutto i lavoratori delle industrie del Settentrione. Gente tosta. Che sta in fabbrica da quando ha 15, 16 anni. E che chiede un po’ di pace dopo anni di turni massacranti. Fatto è che Quota 41 favorisce i lavoratori precoci. Chi, cioè, ha iniziato a lavorare molto presto.

Spulciando tra i programmi delle ultime elezioni politiche, emerge che questo provvedimento è pure nel programma di tutto il centrodestra. Una meta, un modo per ripagare gli elettori del proprio voto. "L’obiettivo era Quota 100 come passaggio, la rotta poi era chiara: tirare dritto verso Quota 41", spiega il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti. Su questo punto i sindacati ci stanno, ma non è il massimo dello spasso. Non ti agevola, infatti, su tutto. Il vero spasso sarebbe trovare un meccanismo che tenga nel tempo.

Perché ora

Perché ora Quota 41, dunque? È presto detto. Si placa la paura per l’emergenza coronavirus e si torna a parlare di problematiche importanti come quella della riforma pensionistica. Il lockdown ha alimentato le preoccupazioni con il rischio di ulteriori perdite di posti di lavoro. Ed è per questo che la politica tenta di trovare una quadra. Ci sono due comandamenti al principio di tutto. Il primo è agire ora. Agire ora per salvare il salvabile, per ridare ossigeno a chi è sul fronte del lavoro e che in queste condizioni non riesce ad andare avanti. Il secondo comandamento è la necessità di maggiore flessibilità in uscita. Soprattutto per i lavoratori più anziani e in particolare per quanti hanno perso o perderanno l’occupazione proprio a causa della pandemia.

Si tratta, del resto, di allinearsi alle normative europee che prevedono, nella generalità dei casi, la possibilità di lasciare il lavoro a partire dai 62 anni di età. Cosa di cui, come abbiamo già scritto, si discuteva nelle stanze della politica italiana anche prima dell’arrivo del virus cinese. La situazione sopravvenuta ha interrotto il prezioso lavorio dei tecnici, ma ora appare necessario riprenderlo per effettuare una riforma adeguata.

È fine 2019 quando ben 4 tavoli vengono aperti con le parti sociali dal ministero del Lavoro. È prima del Covid. E i sindacati, uniti sul tema pensionistico, sono chiari: 62 con 20 anni di contributi. Qualcosa che da tutti viene definita un’utopia. Tra i sindacati, Ugl vota per Quota 41, una sorta di Quota 100 libera, senza, cioè, i paletti dell’età anagrafica. Quota 41 tiene conto solo degli anni di contributi versati. Che tradotto suona pressappoco così: non mi ritirerei dal lavoro a 62 anni (come prevede Quota 100). Ma andrei in pensione prima, purché arrivi a 41 anni di contributi.

Con Quota 100 si lascia il lavoro a 62 anni di età e 38 di contributi, ma con la finestra: tre mesi per il settore privato e sei mesi i dipendenti pubblici. L’età pensionabile di Quota 100 (62 anni) non viene adeguata all’aumento delle speranze di vita ciclicamente aggiornate dall’Istat. Chi aderisce non subisce alcuna penalizzazione nel calcolo della rendita.

Come funziona

Vediamo come funziona più in profondità. Un numero è da tenere sotto controllo: il 41. Quarantuno come gli anni di servizio. Si tratta di una flessibilità intorno a 62 anni che, oltre a riallineare il sistema previdenziale italiano a quello che avviene in Europa, si configura come uno strumento importante per garantire una tutela alle persone che saranno estromesse dal mercato del lavoro a causa delle conseguenze economiche della pandemia. La riforma del sistema pensionistico sarebbe dovuta partire dalla flessibilità in uscita, come abbiamo accennato, già prima del Covid-19. E ora che l’emergenza sanitaria e i suoi riflessi sul mondo del lavoro sono chiari a tutti si può pigiare sull’acceleratore. In cerca di una spinta per mettere mano alla riforma previdenziale.

Quota 100 è prevista per quest’anno e per tutto il 2021 quando terminerà il triennio di sperimentazione. L’idea del centrodestra e, in particolare della Lega è, quindi, di introdurre Quota 41. Ossia tutti in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Le priorità del governo nel medio periodo saranno di dare liquidità a lavoratori, imprese e famiglie. Ma, secondo alcuni studi condotti prima dell’introduzione di Quota 100, passare a Quota 41 farebbe schizzare la spesa pubblica di 12 miliardi già a partire dal primo anno.

Un livello che probabilmente non sarà facile da sostenere nel nuovo mondo post pandemia. Il futuro della riforma pensioni verrà chiarito solo nei prossimi mesi. Ma l’obiettivo condiviso è quello di trovare un accordo sulla flessibilità in uscita. La riforma del sistema pensionistico in queste settimane torna così d’attualità. L’emergenza coronavirus aveva messo in standby il dibattito che a marzo avrebbe dovuto avere momenti importanti. Il 13 marzo, ad esempio, era previsto un vertice tra governo e sindacati che è stato cancellato.

Rotta verso la quattordicesima

Il mondo della previdenza è un vero e proprio girone infernale. Di modi per andare in pensione in anticipo ce ne sono molti. Almeno una decina. Ora l’ultima battaglia dei sindacati è introdurre una quattordicesima anche per chi si è ritirato dal lavoro. Questa è l’altra meta prefissata oltre la già citata Quota 41. Secondo la Uil sarebbe assolutamente necessario, nell’ambito dei molteplici interventi di sostegno ai redditi, prevedere una misura a favore delle pensioni in essere, estendendo il beneficio della quattordicesima a quelle fino a 1.500 euro mensili. Non solo, il contenimento della spesa del nostro sistema previdenziale è anche l’adeguamento delle pensioni che, per oltre il 60%, sono al di sotto i 750 mensili. A cominciare dall’eliminazione del blocco della perequazione, cioè l’aggiornamento annuale al costo della vita.

Siamo arrivati alla fine di questo viaggio che ci ha portato a osservare da vicino i meandri del sistema previdenziale italiano. L’ultima proposta della Lega, istituire Quota 41 al più presto, potrebbe essere uno dei perni delle prossime elezioni politiche (se e quando ci si arriverà). Intanto, il centrodestra tenta di rilanciare il dibattito.

E chissà se il lavoratore leghista del Nord otterrà la sua attesa riforma. D’altra parte, si tratta di un patto d’onore quello che unisce il Carroccio alla sua base. Questo Salvini lo sa. La luce in fondo al tunnel del lavoro potrebbe arrivare presto.

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