Pensioni a rischio per la giungla di uscite

Il limite di vecchiaia è a 67 anni ma gli anticipi rendono difficile la sostenibilità a lungo termine

Pensioni a rischio per la giungla di uscite
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Le pensioni continuano a incidere sul bilancio Inps, ma l'istituto assicura che i conti sono sostenibili nonostante le misure di flessibilità abbassino l'età di ritiro dal lavoro. L'età media effettiva di pensionamento in Italia, infatti, è ancora troppo bassa e «le previsioni Eurostat per l'Ue relative agli andamenti demografici fanno presagire un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti, con rischi crescenti di squilibri per i sistemi previdenziali, soprattutto per quei paesi, come l'Italia, dove la spesa previdenziale è relativamente elevata». L'Inps nel suo Rapporto annuale segnala che l'età effettiva di uscita dal lavoro è di 64,2 anni, grazie alle misure che consentono l'anticipo pensionistico rispetto ai 67 previsti per l'età di vecchiaia e che questo, insieme a importi di pensione ancora generosi e superiori di quasi 14 punti a quelli della media europea mette a rischio il sistema. «Lo scenario demografico attuale, caratterizzato dall'aumento dell'età media della popolazione, dal calo della fecondità e dalla riduzione della popolazione in età lavorativa, non compensati dall'immigrazione, sta determinando un peggioramento del rapporto tra pensionati e contribuenti», evidenzia.

Nel 2023 il totale delle entrate accertate dall'Inps è stato pari a 536 miliardi di euro, di cui 269 miliardi sono costituiti da entrate contributive (+5,1% rispetto al 2022) e quasi 165 miliardi da trasferimenti correnti dalla fiscalità generale (+3,3% rispetto al 2022). Le uscite complessive sono state pari a 524 miliardi di euro, di cui 398 miliardi destinati alle prestazioni istituzionali (+4,6% annuo) dei quali 347 miliardi dedicati alle pensioni il cui peso in rapporto al Pil è sempre superiore anche di poco al 16 per cento. Il ril 2023 ha chiuso con un risultato di esercizio positivo pari a 2 miliardi di euro, in peggioramento di 5,1 miliardi rispetto al 2022. «La tenuta dei conti è assolutamente in equilibrio nel breve medio periodo», ha commentato il presidente Inps Gabriele Fava (in foto).

Nel 2023, infatti, i lavoratori iscritti all'Inps con almeno una settimana di contributi sono stati 26,6 milioni, oltre 300mila in più sull'anno precedente e ben 1,08 milioni in più del 2019. Le settimane lavorate in media nel 2023 per ogni assicurato sono state 43,1 a fronte delle 42,9 medie del 2019. Nel 2023 gli assicurati Inps - lavoratori, dipendenti e indipendenti, obbligati ai versamenti previdenziali - sono risultati 26,6 milioni, oltre 300 mila in più rispetto al 2022 e oltre un milione in più rispetto al valore pre-pandemico (25,5 milioni nel 2019). Hanno trainato l'aumento i dipendenti privati a tempo indeterminato mentre si sono ridotti gli autonomi, ha rimarcato il presidente Gabriele Fava (in foto). «Il numero dei pensionati in Italia è sostanzialmente stabile e l'età di uscita dal lavoro, nel confronto internazionale, è in linea con i Paesi Ue», ha sottolineato l'Inps in una nota emessa nel tardo pomeriggio per smorzare l'impatto della notizia, aggiungendo che «non emergono problemi di sostenibilità nel lungo e breve termine anche alla luce dei dati provenienti dal mercato del lavoro».

«Con un tasso di occupazione crescente a più del 62%, ma che registra ancora distanza rispetto alla media europea del 71%, è chiaro come ci siano ancora ampi margini di miglioramento», ha commentato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon. Il tasso di sostituzione, ovvero il rapporto tra pensione e ultimo stipendio percepito prima del pensionamento, in Italia è stimato intorno al 59% in media e rimane tra i più elevati dell'Unione (quasi 14 punti percentuali sopra la media).

Il numero complessivo di persone che percepiscono un reddito pensionistico si attesta a 16,2 milioni. Gli importi medi più elevati si registrano al Nord e nel Lazio, mentre i più bassi in Calabria e nel resto del Mezzogiorno.

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