Il giudice fa rientrare dopo 4 anni un sudanese respinto

Annullata la decisione dell'allora governo Draghi. E torna con volo pagato dalle Ong

Il giudice fa rientrare dopo 4 anni un sudanese respinto
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C'è l'ennesima sentenza contro l'Italia che rischia di mandare in tilt il sistema dell'accoglienza. Il 14 giugno 2021 un sudanese di nome Adam (nella foto), oggi 24enne - assieme ad altri 179 richiedenti asilo partiti da Zuwara in Libia verso Lampedusa - era stato recuperato in acque internazionali e «restituito» alla Guardia costiera libica, fuori dalla zona Sar (Search and rescue) di responsabilità italiana perché di competenza libica, dal mercantile Vos Triton, una supply ship battente bandiera di Gibilterra di proprietà di una compagnia con sede in Olanda (la Vroon) che opera generalmente a servizio della piattaforma petrolifera francese Total.

Secondo i giudici italiani si tratta di un respingimento mascherato e illegale di cui l'Italia è responsabile, sebbene l'operazione non sia stata materialmente effettuata da mezzi e militari italiani. È quanto si legge nella sentenza eppure, secondo il giudice della sezione Immigrazione del tribunale di Roma Damiana Colla, la colpa del mancato arrivo in Italia del clandestino sarebbe del nostro Paese. Perché? Perché «sono state le autorità italiane del Maritime rescue coordination centre (Mrcc) di Roma a ricevere la segnalazione dell'esistenza dell'imbarcazione in difficoltà e la richiesta di soccorso, sostituendosi al Centro di coordinamento libico ordinariamente responsabile nella zona Sar, mantenendo un ruolo attivo (...) anche dopo la dichiarazione delle autorità libiche di assumerne il coordinamento».

La colpa delle autorità italiane, «condannate» a concedergli il visto «come misura di riparazione della violazione dei diritti umani fondamentali subita in conseguenza della condotta italiana» e a farlo entrare (il sudanese è sbarcato nei giorni scorsi a Fiumicino, ospite della comunità Baobab experience di Roma) è quella di aver aiutato la nave mercantile di un altro Paese a gestire il trasbordo e di averla fermata in attesa della motovedetta Zawiya della Guardia costiera libica arrivata molte ore dopo. «Le azioni e le omissioni del Mrcc italiano sono state idonee a fondare una relazione qualificata», le nostre autorità dovevano essere perfettamente consapevoli già all'epoca del rischio di violazioni gravissime dei diritti umani fondamentali cui i naufraghi e tra loro l'odierno ricorrente, in quanto cittadino sudanese sarebbero stati esposti in caso di ritorno in Libia, il Paese dal quale stavano in effetti tentando di fuggire», scrive il giudice Colla.

Sarebbe stata la regia occulta del Viminale a ordinare di consegnare i migranti alla Libia anziché tornare in Italia «come prevede il diritto internazionale del mare» secondo la ricostruzione del giudice. Nei mesi scorsi il sudanese sarebbe riuscito a sfuggire ai rastrellamenti di migranti ordinati dal governo libico. «Viene finalmente riconosciuta la regia occulta dell'Italia nel gigantesco sistema dei respingimenti illegali dal mare ai lager libici», scrivono gli attivisti di JLProject, Ong che assieme a Sea Watch e Alarm phone avrebbe ricostruito la catena degli eventi. Secondo il legate Nicola Datena il suo assistito «ora potrà presentare richiesta di asilo in Italia».

Non è la prima volta che quel mercantile tornava indietro in Libia, in almeno un caso richiedenti asilo non si erano ribellati al ritorno in Libia, stando alle indagini della Procura di Ragusa.

Al ministero dell'Interno al tempo c'era Luciana Lamorgese (foto), ministro di Mario Draghi votato da Pd e sinistra ma non risultano indagini a carico loro.

La Colla non è nuova a sentenze che hanno mandato ko il Viminale: dal corridoio umanitario al soldato afgano che non aveva fatto domanda d'asilo al pakistano rimbalzato alla frontiera e risarcito con 18mila euro.

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