
Il conflitto a Gaza non accenna a spegnersi, anzi si estende. I raid proseguono sulla Striscia con un bilancio di 730 vittime da martedì scorso, data della fine della tregua, e un missile Houthi e due missili della Jihad islamica (intercettati) tornano a puntare su Israele, dove un nuovo attentato, opera di un arabo-israeliano, uccide un uomo di 85 anni e ferisce gravemente un soldato di 20 nel nord. L'Esercito israeliano (Idf) mostra i carri armati usati in Libano contro Hezbollah e annuncia di essere pronto a inviarli nella Striscia. Poco dopo, arriva da Gaza la conferma che i tank avanzano verso Rafah, a sud, dove sono stati uccisi 20 terroristi e Israele ammette di aver colpito per errore con un proiettile esplosivo la sede della Croce Rossa. A causa dei «devastanti attacchi», l'Onu avvia la riduzione della propria presenza nella Striscia.
La guerra prosegue feroce. Il governo Netanyahu nega di aver ricevuto una nuova proposta di tregua dall'Egitto, nonostante Hamas sostenga di aver risposto positivamente. Il ministro degli esteri, Gideon Saar, promette che il conflitto proseguirà. All'omologa Ue, Kaja Kallas, ricorda che è una guerra «contro il mondo libero, la civiltà occidentale, i suoi valori e stili di vita».
A Gaza, oltre cento pick-up usati da Hamas il 7 ottobre sono stati distrutti. Nuovi ordini di evacuazione raggiungono i civili al nord. Tra le vittime dei raid, dice Al Jazeera, ci sono due giornalisti, ma uno è un reporter di Palestine Al-Youm, affiliato alla Jihad Islamica. A creare nuove tensioni è anche il teatro dell'uccisione di Ismail Barhoum, il «nuovo premier di Gaza», eliminato domenica durante un raid contro l'ospedale Nasser di Khan Younis. Secondo Hamas - che ieri ha diffuso un video con gli ostaggi Elkana Bohbot e Yosef-Haim Ohana, rapiti al Nova Festival - il leader islamista era in cura per le ferite di un raid 4 giorni fa. Per Israele si tratta dell'ennesima fake news e Barhoum era in ospedale per attività terroristiche, «sfruttando cinicamente pazienti e civili come scudi umani».
La questione umanitaria a Gaza crea tensioni anche sull'asse Gerusalemme-Città del Vaticano, dopo che il Pontefice domenica ha parlato, nel suo Angelus scritto, del dolore «per la ripresa di pesanti raid» e di una «situazione umanitaria di nuovo gravissima». Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha ribadito la preoccupazione «per la violazione ormai sistematica del diritto internazionale» spiegando di aver «parlato con la Croce Rossa»: «Sono molto in difficoltà: bombardamenti sui civili, uccisione degli operatori, sono azioni che vanno contro il diritto umanitario, non c'è più rispetto del diritto umanitario». Ieri è arrivata la risposta dell'ambasciata di Israele presso la Santa Sede, che in una nota spiega come «l'operazione è condotta in piena conformità al diritto internazionale. Mentre Hamas colpisce deliberatamente i civili, Israele adotta misure straordinarie per ridurre al minimo i danni ai civili». L'ambasciata sottolinea che «Hamas ha ripetutamente violato la tregua e l'ha usata per ricostruire il suo arsenale militare, rifornendosi di armi e ripristinando i siti di lancio dei razzi, come dimostrato dai recenti attacchi».
La nota spiega che «a Gaza sono ancora trattenuti 59 ostaggi in condizioni disumane, che subiscono abusi fisici e psicologici in palese violazione del diritto internazionale. Israele ritiene che sia suo dovere morale ed etico riportarli a casa».
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