Le popolari (all'angolo) provano a sposarsi

Le popolari (all'angolo) provano a sposarsi

Dopo il commissariamento dell'Etruria la bufera giudiziaria su Veneto Banca: per le grandi popolari italiane, messe spalle al muro dal decreto Renzi che le trasforma in spa, è tempo di tentare l'arrocco per far sopravvivere il modello. Veneto Banca, che ha messo per iscritto come le indagini della Procura siano relative al passato, è accusata di aver concesso prestiti ad alcuni imprenditori della zona ed altri amici-soci, anche in mancanza delle dovute garanzie; nel mirino sono finiti tra gli altri Gianfranco Zoppas, Marco De Benedetti e Gianpiero Samorì. A Montebelluna è poi in azione da metà gennaio la Consob per verificare il rispetto della direttiva «Mifid»: il sospetto è che per piazzare l'aumento di capitale da cui si è salvato dagli stress test il gruppo di Vincenzo Consoli abbia forzato il profilo di rischio di alcuni clienti, che ora non riescono più a rivendere i titoli (la banca non è quotata). Lo stesso prospetto informativo metteva in guardia come già a fine 2013 fossero aumentate in modo considerevole i soci che si erano messi in coda per vendere. Sebbene l'inchiesta della Procura per ostacolo alla Vigilanza sia circoscritta alla sola Veneto Banca, quello dei prestiti allegri è invece uno dei mali più diffusi tra le cooperative di territorio insieme alla longevità (e ai lauti stipendi) dei loro vertici.

Difetto che nel caso dell'Etruria si è acuito, di pari passo alle tensioni con la Vigilanza, fino a far scattare il commissariamento: ad Arezzo si dice che ispettori e commissari siano alle prese con una perdita di 400 milioni. Una cifra enorme, che dimostra tutta la hybris della banca protetta per decenni dallo scomparso Elio Faralli e poi contesa tra la vecchia guardia massone e i salotti Dc: Arezzo era la città di Amintore Fanfani.

Malgrado ufficialmente nessuna trattativa sia in corso, tra i «Signori» delle mutue si infittiscono quindi i contatti per raggiungere una massa critica sufficiente a scongiurare il rischio di finire sotto i denti di un compratore straniero non appena perduto il voto capitario. In particolare, Banco Popolare o Popolare Vicenza potrebbero togliere le castagne dal fuoco a Veneto Banca, mentre Bper continua a flirtare con Bpm sebbene ieri l'ad Giuseppe Castagna abbia definito una «illazione» le voci di matrimonio. Per Ubi la strada maestra resta invece Monte Paschi, scorporandone la rete toscana in favore di Siena. Molto dipenderà, però, se alla Bce prevarrà la linea di Mario Draghi, che propenderebbe come Palazzo Koch a mantenere Mps in mani italiane, o la lobby francese che pensa a Bnp Paribas. Si è invece chiamato fuori il Banco di Pier Francesco Saviotti.

Oggi intanto Ettore Caselli convoca il cda di Assopopolari, in vista dell'audizione alla Camera di domani in cui cercherà di ammorbidire il salto verso la spa, chiedendo più tempo (da 18 a 24 mesi), per introdurre il voto «scaglionato» e trovare un diverso accomodamento per le mutue non quotate. Popolare Vicenza starebbe pensando di dotarsi di una Fondazione, di cui Gianni Zonin diverrebbe presidente e che farebbe da «scudo» alla banca pur con una quota di minoranza.

Il destino delle piccole mutue promette invece di essere legato al salvagente delle Bcc, che stanno preparando una autoriforma per evitare il peggio: il piano sarebbe trasformare Iccrea in una holding a tutti gli effetti e aggregare le Bcc per macroregioni.

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