Powell resta in sella alla Fed. E anticipa il taglio dei tassi

La Banca centrale Usa in conclave per dare una stretta già a luglio e ridurre gli acquisti di titoli di 15 miliardi al mese

Powell resta in sella alla Fed. E anticipa il taglio dei tassi

Manca giusto il bandierone con la scritta Jay forever, ma Wall Street fa il tifo per lui. Janet Yellen, pure. Vuole che Jerome Powell resti alla guida della Fed per altri quattro anni: «Ha fatto un buon lavoro», ha detto ieri senza troppi giri di parole la ministra del Tesoro al presidente Usa, Joe Biden. L'endorsement, che vale una quasi certa riconferma, arriva però per il capo di Eccles Building nel momento forse più delicato del suo mandato. E non a causa dello scandalo legato al disinvolto trading di titoli che ha coinvolto alcuni funzionari dell'istituto di Washington, ma piuttosto per le decisioni fondamentali da prendere nel futuro prossimo venturo.

La Fed è in conclave da ieri, ne uscirà oggi con l'attesa fumata bianca su tempi e modi del ritiro degli aiuti da 120 miliardi di dollari al mese. Rinviare ancora il tapering, ormai messo in conto dai mercati, sarebbe un non senso. Il decalage probabile è un taglio di 15 miliardi al mese nell'acquisto di bond e una riduzione di cinque miliardi in quella relativa ai titoli connessi all'emissione di mutui. Insomma, azzeramento degli stimoli nel giugno del prossimo anno, primo atto del un processo di normalizzazione della politica monetaria.

Il punto critico, su cui Powell è chiamato oggi a destreggiarsi senza balbettii o, peggio, inciampi a livello di comunicazione, è un altro. Ovvero, il disallineamento creatosi sulle tempistiche del rialzo dei tassi fra la banca centrale e i mercati. Il motivo è l'ascesa continua dell'inflazione e le ulteriori tensioni sulla curva dei rendimenti obbligazionari rendono in modo plastico questa frattura. Dalla Fed ci si aspetta oggi la cancellazione di qualsiasi ambiguità sull'argomento. Anche perché perfino la finora prudente Goldman Sachs ha cambiato idea, unendosi alle fila dei convinti che nei prossimi mesi Eccles Building entrerà in modalità falco irrigidendo più del previsto le leve monetarie. La banca d'affari mette infatti ora in conto un prima stretta già nel luglio 2022, con un anticipo di un anno rispetto all'outlook precedente, e una seconda in novembre. Un rialzo ogni sei mesi è infine messo in conto a partire dal 2023. In linea teorica, i tassi potrebbero sfiorare il 3,5% nel luglio del '25.

Questo cambio di registro da parte di Goldman è determinato dalla stima che l'inflazione core (la cosiddetta Pce, quella al netto di energia e alimentari) resterà al di sopra del 3% e i prezzi al consumo (Cpi) si manterranno oltre il 4% anche quando il tapering sarà arrivato al capolinea. Un'inflazione così persistente, nonostante i restringimenti monetari, rivela che la Fed non sarà in grado di governare le tensioni sui prezzi generate dai colli di bottiglia nella catena degli approvvigionamenti. Del resto, gli swap sull'inflazione Usa implicano una Pce pari o superiore al 2,5% per i prossimi cinque anni. Sono percentuali che, di fatto, sconfessano la narrazione di un'inflazione transitoria, come peraltro ribadito ancora ieri dalla Yellen, sicura inoltre che «vedremo una forte ripresa» e che «l'economia americana non si stia surriscaldando». I più recenti indicatori segnalano al contrario un rallentamento, al punto che i timori riguardano un possibile scivolamento dell'America nella stagflazione.

Ciò dovrebbe sconsigliare un approccio aggressivo sui tassi, pena una caduta in recessione che costringerebbe la Fed, forse già all'inizio del 2023, a far ripartire la giostra del quantitative easing e del taglio del costo del denaro. Tutte cose che il (quasi) riconfermato Jay sa meglio di chiunque altro.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica