È noto che ogni conto corrente finisca sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle entrate, ma non tutti i movimenti danno luogo a controlli da parte del Fisco. Quali sono le attività che potrebbero attivare un accertamento fiscale? Sicuramente interessano in modo particolare i grandi flussi di movimenti di capitali, soprattutto quelli destinati all’estero, tuttavia le piccole evasioni sono le più fastidiose o, meglio, le più tartassate dal Fisco. Non a caso diversi lavoratori autonomi per un versamento non giustificato adeguatamente con “prova”, sono stati bastonati con sanzioni molto corpose.
Non è impossibile, comunque, individuare i movimenti di denaro sul conto corrente che mettono in agitazione il Fisco. L’Agenzia delle Entrate conosce molto bene le tasche dei contribuenti, grazie allo strumento del Registro dei rapporti tributari, e non esistono categorie di persone più esposte delle altre. Il Fisco analizza tutti i conti correnti senza discriminazione o, meglio, osserva minuziosamente i depositi bancari, pronto ad attivarsi nel caso di movimenti “sospetti”. Ecco, perché un accertamento fiscale può scattare senza preavviso.
Esistono, però, delle attività particolarmente “libere” dai controlli, mentre altre sono molto più ristrette. Quali sono quelle maggiormente a rischio? I bonifici, strumento visibile, consentono il trasferimento di denaro con una motivazione. Ma, cosa succede se si riceve un bonifico "inaspettato" sul proprio conto corrente? Bisogna provvedere a inserire nella dichiarazione dei redditi la somma di denaro del bonifico, così da dichiararla al Fisco e giustificare con prova che la somma di denaro del bonifico è esente o, ancora non tassabile. In assenza di giustificazione, l’Agenzia delle entrate tassa il denaro anche nell’ipotesi che si tratti di soldi provenienti da lavoro eseguito.
Non per tutte le somme di denaro è obbligatoria la dichiarazione al Fisco. Esistono delle vendite che escludono l’obbligo, parliamo della vendita di oggetti usati come un mobile, vestiti, ma anche auto. Si pensi ad esempio a una vincita al gioco, su cui viene spalmata la ritenuta alla fonte. Lo stesso discorso riguarda le donazioni che possono essere riconducibili al coniuge, ai genitori e figli. In questo caso, viene applicata un’imposta del 4% su un valore di 1 milione di euro. Mentre, in presenza di donazione tra fratelli e sorelle viene applicata un’imposta del 6% su un valore maggiore di 100mila euro.
Sono esclusi i rimborsi spese, come ad esempio le trasferte per lavoro, i risarcimenti derivanti da danno morale e rientrano tutti gli elementi che non risarciscono la perdita di un introito, come reddito è soggetta a tassazione. Il bonifico va giustificato con prova certa che escluda la dichiarazione dei redditi e, quindi, rientra nelle voci esentasse o, ancora non tassabile, ritenuta alla fonte regolamentato dall’articolo 23 del D.P.R. n.600 del 1973. Tra i bonifici il più pericoloso è il quello effettuato all’estero, soprattutto se è di una cifra molto importante. Questi movimenti di denaro allertano sempre l’Agenzia delle entrate che li analizza come operazioni a rischio.
Anche i versamenti di denaro contante sul conto corrente potrebbero scatenare il Fisco. Come anticipato innanzi, il Fisco parte con la presunzione che il versamento di denaro sia fuori dalla dichiarazione dei redditi e, pertanto, che si tratti di denaro da tassare. Al contribuente spetta l’onere della prova. In altre parole, deve giustificare la provenienza del denaro versato sul conto corrente, ossia se derivante da fonte esente o, ancora non tassabile, ritenuta alla fonte regolamentato dall’articolo 23 del D.P.R. n.600 del 1973.
Per ciò che concerne i bonifici tra marito e moglie, in presenza di scambi di denaro molto corposi e con una cadenza sempre più frequente, il Fisco potrebbe drizzare le antenne, specie se uno dei coniugi non possiede fonte di reddito e, nello stesso tempo, possiede un conto corrente da benestante. In questi casi, l’Agenzia delle Entrate potrebbe attribuire la provenienza del denaro di uno dei conti correnti dei coniugi a derivanti a movimenti d'introiti in nero.
Il denaro prodotto da lavoro in nero, infine, viene sanzionato dal Fisco come illecito, può derivare da azioni riconducibili al datore di lavoro, ma non si esclude la responsabilità del dipendente che percepisce somme di denaro senza provvedere a dichiararle ai fini fiscali.
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